Buon giorno a tutti e il mio ringraziamento al coordinatore scientifico, Notaio Massimo Cagnacci, per l’invito al convegno di oggi, organizzato in una idilliaca ambientazione bucolica invero evocativa di atmosfere che purtroppo sembrano, oramai, di altri tempi.
Nell’entrare sùbito in medias res ritengo che il titolo della relazione assegnatami imponga di esaminare, in primo luogo, la posizione successoria del coniuge superstite.
Dopo la riforma del diritto di famiglia (l. n. 151/1975) tale posizione è radicalmente mutata in quanto il coniuge, venendo parificato alle altre categorie di legittimari, è passato dalla mera titolarità di un diritto di usufrutto su una quota (benché più ampia di quella oggi accordata in piena proprietà a titolo di legittima) alla titolarità di una quota di legittima in piena proprietà (tutela quantitativa ex art. 540, co. 1, c.c.) cui si aggiunge, sempre a titolo di legittima, un diritto reale su beni determinati (art. 540, co. 2, c.c.): la casa coniugale, per l’appunto, e i mobili che, in funzione dell’abitare, la arredavano alla morte dell’ereditando (esclusi così i mobili acquistati a fini speculativi e professionali).
Il diritto di abitazione (della casa ultima adibita a residenza familiare ex art. 144, c.c.) e di uso (dei mobili là destinati) previsti dall’art. 540, cpv., c.c., quindi, completano il trattamento successorio del coniuge superstite assicurandogli, sul piano qualitativo, la prosecuzione delle abitudini di vita familiare com’erano in vita del de cuius hereditate agitur (nella convinzione che la ricerca di un nuovo alloggio potrebbe essere fonte di grave danno, anche sul piano psicologico[1] – pur dovendosi riconoscere prevalenza al contenuto patrimoniale racchiuso nella previsione di legge: Trib. Napoli, 03/11/1980 -).
Si tratta di una attribuzione (di ‘speciali diritti’ previsti dall’art. 536, co. 1, c.c.) che assicura al coniuge, anche a detrimento della legittima dei figli (quando il suo valore ecceda la legittima del coniuge e l’intera disponibile), il suo conseguimento anche contro la volontà del testatore (la cui autonomia testamentaria è limitata sia in sede di divisione – in punto di formazione delle porzioni ex art. 734, c.c. – sia in sede di disposizione di un legato in favore di terzi).
Per tali diritti, di natura reale[2] (trascrivibile, per taluni, quello d’abitazione ex art. 2648, c.c.)[3], non opera il limite previsto dagli artt. 1021 e 1022, c.c. (fabbisogno del titolare)[4] ma è applicabile il limite dell’art. 1024, c.c. (divieto di cessione: il testatore non può, nell’atto di ultima volontà, espressamente ‘autorizzare’ l’alienazione[5] – il divieto pare invece derogabile, post mortem, con il consenso dell’erede o del legatario ‘nudo proprietario[6]’ -).
Si tratta di diritti tendenzialmente vitalizi, ma gli stessi, nello spirito della norma e nel rispetto del ‘comune senso morale’ (se, nonostante i tempi, si può ritenerlo ancòra da qualche parte esistente[7]), si estinguono qualora il titolare contragga nuove nozze[8].
I presupposti della tutela prevista dall’art. 540, co. 2, c.c. sono:
I diritti in esame, tra loro autonomi (per cui spetta il diritto d’uso anche se la casa familiare è di un terzo), non sorgono nel caso in cui, prima della morte, la convivenza tra i coniugi sia cessata per effetto di separazione personale (l’art. 458, c.c., dunque, non equipara il coniuge separato al non separato almeno sotto il profilo dell’art. 450, co. 2, c.c.): l’art. 540, co. 2, c.c., difatti, contempla solamente la casa che risulta adibita a comune vita coniugale al tempo della morte di uno dei coniugi e non anche quella che lo sia stata in passato (TRINCHILLO, LA PORTA e, in giurisprudenza[11], Cass., 12/06/2014, n. 13407)[12].
L’art. 540, co. 2, c.c. si applica anche in ipotesi di coniuge putativo, fatta eccezione per il caso di bigamia (cfr. art. 584, c.c.).
In ordine alla qualificazione dell’attribuzione patrimoniale, la teoria prevalente, anche in giurisprudenza, vi ravvisa dei (pre[13])legati ex lege[14] (che, al fine di evitare discussioni con la competente P.A., si consiglia in ogni caso di volturare l’intestazione catastale in favore del beneficiario: il Comune non potrà chiedere l’IMU agli eredi né al coniuge superstite, che per ipotesi ha rinunciato all’eredità conservando la titolarità dei diritti in questione, in quanto l’immobile, per quest’ultimo, è “casa di abitazione”).
Tale inquadramento è stato criticato, dovendosi escludere il prelegato poiché la disposizione non incide solo sulla disponibile: sono diritti attribuiti a titolo di legittima e dunque come quota di eredità[15] (TRINCHILLO).
La natura giuridica dei diritti incide anche sulle modalità per ottenere l’integrazione in caso di lesione: a) azione di riduzione (se si privilegia l’aspetto quantitativo della riserva – valore capitalizzato -); b) azione di rivendicazione (se si privilegia l’aspetto qualitativo della riserva – specifici diritti reali su beni determinati -) o anche solo quella possessoria a seconda della ricostruzione adottata.
Inoltre il coniuge può rinunciare all’eredità e conservare i diritti di uso e abitazione entro i limiti della disponibile (art. 521, co. 2, c.c.) solo se il 540, cpv. c.c. viene considerato come legato ex lege.
Infine non è superfluo evidenziare che l’art. 540, cpv., c.c. si applica anche alla successione legittima[16] in quanto, come già evidenziato da illustre dottrina (TRINCHILLO), l’art. 581, c.c. è integrato dall’art. 540, co. 2, c.c. per effetto dell’art. 533, c.c. (che tutela i legittimari anche in caso di successione legittima).
In materia, si segnalano, tra le altre, le pronunce infra riportate in massima:
Cass. civ. Sez. II, 19/04/2013, n. 9651: “In tema di successione necessaria, i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, riservati al coniuge ai sensi dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., si sommano alla quota spettante a questo in proprietà, e gravano in primo luogo sulla porzione disponibile, determinata, a norma dell’art. 556 cod. civ., considerando il valore del “relictum” (e del “donatum”, se vi sia stato) comprensivo del valore capitale della casa familiare in piena proprietà, mentre, in caso di incapienza della disponibile, comportano la proporzionale riduzione della quota di riserva del medesimo coniuge, nonché, ove pure questa risulti insufficiente, delle quote riservate ai figli o agli altri legittimari”.
Trib. Palermo Sez. II, 18/02/2016: “In tema di successione legittima, spettano al coniuge superstite, in aggiunta alla quota attribuita dagli artt. 581 e 582 c.c., i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, ex art. 540, comma 2, c.c., dovendo il valore capitale di tali diritti essere detratto dall’asse prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi secondo un meccanismo assimilabile al prelegato, e senza che, perciò, operi il diverso procedimento di imputazione previsto dall’art. 533 c.c., relativo al concorso tra eredi legittimi e legittimari e strettamente inerente alla tutela delle quote di riserva dei figli del de cuius”.
Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2013, n. 4847: “In tema di successione legittima, spettano al coniuge superstite, in aggiunta alla quota attribuita dagli artt. 581 e 582 cod. civ., i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, di cui all’art. 540, secondo comma, cod. civ., dovendo il valore capitale di tali diritti essere detratto dall’asse prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi, secondo un meccanismo assimilabile al prelegato, e senza che, perciò, operi il diverso procedimento di imputazione previsto dall’art. 533 cod. civ., relativo al concorso tra eredi legittimi e legittimari e strettamente inerente alla tutela delle quote di riserva dei figli del de cuius”.
Cass. civ. Sez. II, 30/04/2012, n. 6625: “Il diritto di abitazione di cui all’art. 540 c.c., il quale si configura come legato ex lege, che viene immediatamente acquisito dal coniuge superstite direttamente dall’ereditando, in base alla regola dei legati di specie di cui al secondo comma dell’art. 649 c.c., al momento dell’apertura della successione, non è soggetto a trascrizione” in quanto “non può porsi un conflitto, da risolvere in base alle norme sugli effetti della trascrizione, tra il diritto di abitazione, che il coniuge legatario acquista direttamente dall’ereditando, ed i diritti spettanti agli aventi causa dall’erede”. Ne consegue che: “Il diritto di abitazione spettante al coniuge superstite, configurandosi come legato ex lege, è opponibile ai terzi a prescindere dalla trascrizione”.
Contra per Trib. Monza, 27/12/2011: “In caso di successione legittima, il diritto di abitazione del coniuge superstite sussiste in aggiunta alla quota di eredità legittima spettante al coniuge. Poiché il diritto reale di abitazione è acquistato in forza di un legato stabilito dalla legge e si trasmette al coniuge superstite al momento della morte del coniuge, l’erede acquista su tale immobile un diritto di proprietà gravato dal diritto reale limitato di abitazione. I diritti di abitazione e di uso, in quanto diritti reali, devono essere soggetti a trascrizione. Se non viene trascritto, il diritto di abitazione non è opponibile ai terzi, che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione dell’atto da cui il diritto di abitazione discende. Quanto al titolo idoneo alla trascrizione, in assenza di testamento, sono idonei sia il certificato di denunciata successione che la presentazione al conservare di una nota, accompagnata dal certificato di morte in cui sia indicato lo stato di coniuge e l’operare ex lege del secondo comma dell’art. 540 c.c.”.
Cass. civ. Sez. III, 13/01/2009, n. 463: “L’ipoteca dà diritto ai creditori ad espropriare i beni su cui è stata iscritta, anche se questi pervengono per effetto della successione a soggetto diverso dall’erede, in quanto oggetto di legato. Se i diritti parziari in questione costituiscano oggetto di legato disposto dalla legge a favore del coniuge superstite oppure vadano ricondotti nel novero dei diritti oggetto di riserva a favore dei legittimari, ciò non fa differenza rispetto al dato costituito dal fatto che l’immobile su cui i diritti in questione insistono entra a far parte dell’eredità gravato da ipoteca a favore di un creditore ereditario. Orbene, tra i presupposti perché l’acquisto dei diritti di cui si tratta si realizzi in sede di successione a favore del coniuge superstite è che l’immobile, che sia stato e si trovi ad essere destinato ad abitazione della famiglia, appartenga all’ereditando e non pure ad altri, che non sia lo stesso coniuge superstite. Se alla morte dell’ereditando sulla proprietà dell’immobile persiste un’ipoteca, siccome ciò consente al creditore ipotecario di assoggettare ad espropriazione forzata tale diritto, l’azione esecutiva già intrapresa nei suoi confronti e la successiva vendita non possono risultare impedite dai diritti attribuiti al coniuge superstite dall’art. 540, secondo comma, c.c. Gli spetterà, invece, all’esito del processo esecutivo, in corrispondenza del valore dei diritti rimasti estinti, l’eventuale residuo” ([17]).
Se invece il debito è del coniuge superstite, il diritto di abitazione conseguito causa mortis non è pignorabile da parte dei relativi creditori[18] (per questo nella pratica quotidiana, in sede di negozio ad effetti reali derivativo-costitutivi, può essere opportuno consigliare alla parte di dedurre ad oggetto della riserva il diritto di abitazione invece che quello, pacificamente pignorabile, di usufrutto[19]).
La cd. “legge Cirinnà” (l. 20 maggio 2016, n. 76), in vigore dal 5 giugno 2016, ha dato giuridica rilevanza[20] alle coppie di fatto maggiorenni prevedendo la possibilità di dar vita (artt. 36-65) a forme di “unioni registrate” all’anagrafe (accessibili ad etero e omosessuali) nonché (artt. 1-35) a forme di “unioni civili” (previste solo per le coppie omosessuali) di carattere para-matrimoniale[21] (cfr. art. 20).
Sinora, oltre al vincolo coniugale (per gli effetti di cui agli artt. 143, ss., c.c.), è stata riconosciuta una limitata rilevanza alle coppie eterosessuali di fatto (more uxorio), quali formazioni sociali rilevanti ex art. 2, Cost. (Cass. civ. Sez. III, 08/06/1993, n. 6381): i) normativamente dall’art. 337-sexies, co. 1, c.c. (del resto “rientra nella discrezionalità del legislatore riconoscere alla convivenza more uxorio alcune conseguenze giuridiche”: Corte cost., 06/07/1994, n. 281); ii) nella dimensione giudiziale, qui senza pretese di completezza, rispetto ai seguenti istituti: a) risarcimento del danno apatrimoniale da morte (Cass. civ. Sez. III, 21/04/2016, n. 8037) o comunque da evento gravemente invalidante (Cass. civ. Sez. III, 29/04/2005, n. 8976); b) adempimento di obbligazioni naturali (Cass. civ. Sez. I, 25/01/2016, n. 1266 e Cass. civ. Sez. I, 22/01/2014, n. 1277); c) ingiustificato arricchimento (Cass. civ. Sez. III, 22/09/2015, n. 18632); d) donazione remuneratoria (Trib. Ivrea, 11/11/2014); e) liberalità d’uso (Trib. Ravenna, 09/03/1994); f) azione di ripetizione dell’indebito (Cass. civ. Sez. II, 24/11/1998, n. 11894); g) filiazione (Cass. civ. Sez. VI – 1, 16/09/2015, n. 18194; Cass. civ. Sez. I, 11/09/2015, n. 17971 e App. Milano, 04/12/1995); h) emancipazione (Trib. Minorenni Perugia, 31/05/1995); i) locazione (Trib. Roma Sez. VI, 14/11/2011 e Corte cost., 07/04/1988, n. 404); l) causa di cessazione dell’assegno divorzile e, rispettivamente, di separazione (Cass. civ. Sez. VI – 1, 16/11/2015, n. 23411 e Cass. civ. Sez. VI – 1, 09/09/2015, n. 17856); m) legittimazione all’azione possessoria di reintegrazione e, rispettivamente, di spoglio (Cass. civ. Sez. II, 15/09/2014, n. 19423 e Cass. civ. Sez. II, 02/01/2014, n. 7); n) usucapione ordinaria (Trib. Torino, 28/02/2002); o) responsabilità aquiliana (art. 2043, c.c.) verso l’altro convivente per occupazione abusiva dell’immobile di quest’ultimo successivamente al venir meno del rapporto di fatto (Trib. Bologna, 12/10/2005); p) intestazioni fiduciarie (Cass. civ. Sez. I, 27/11/1999, n. 13261); q) lavoro (Trib. Roma, 30/10/1991 e Cass. civ. Sez. lavoro, 29/05/1991, n. 6083); r) impresa familiare (Trib. Torino, 24/11/1990); s) delitto di maltrattamenti in famiglia (Cass. pen. Sez. II, 17/02/2016, n. 8401); t) cause di non punibilità (Cass. pen. Sez. II, 30/04/2015, n. 34147); u) abbandono di persone incapaci (App. Milano, 09/07/2009); v) sfruttamento della prostituzione (Cass. pen. Sez. III, 11/10/2005, n. 40841 e Cass. pen. Sez. III, 11/02/2000, n. 574); z) legittimazione a costituirsi parte civile (Ass. App. Ancona, 31/05/2002); w) successione ereditaria (App. Torino, 14/11/1947)[22].
Proprio la “profonda diversità che caratterizza la convivenza more uxorio[23] rispetto al rapporto coniugale, tale da impedire l’automatica parificazione delle due situazioni, ai fini di una identità di trattamento fra i rispettivi regimi” (Corte cost., 14/01/2010, n. 7 e Corte cost., 11/06/2003, n. 204)[24] in considerazione dei “caratteri di stabilità, certezza, reciprocità e corrispettività dei diritti e doveri che nascono soltanto dal vincolo nuziale” (Corte cost., 14/11/2000, n. 491) e alla luce “del mero dato materiale della convivenza qualificato dalla affectio” in cui si esaurisce il rapporto more uxorio (Corte cost., 29/01/1998, n. 2), ha determinato le istituzioni (sovra)nazionali, sotto le pressanti spinte delle istanze sociali che non si accontentavano degli strumenti contrattuali già disponibili[25], a positivizzare le convivenze di fatto, dotandole di specifica regolamentazione giuridica (ricordiamo, per completezza di indagine storica, i precedenti fallimenti racchiusi nei tentativi dei “pacs”, dei “dico” e dei “DiDoRe”, con la prima proposta di legge risalente all’anno 1988).
Si deve così prendere atto che la famiglia, a partire da quella “romana” (che costituiva patrimonio del pater familias composto da schiavi, coniuge e figli), è fenomeno che ha subìto nel tempo una lenta evoluzione e che, in particolare, oggi non coincide più solo con quella prevista dall’art. 29 della Carta Fondamentale (ossia quella “società naturale fondata sul matrimonio”[26]) ma può assumere connotazioni assai differenti: “deve considerarsi famiglia ogni consorzio di persone tra le quali intercorra un legame di relazioni continuative e di consuetudine di vita affini a quello di una normale famiglia legittima” (Cass. pen. Sez. VI, 15/05/1989, n. 7073). Attualmente è quindi possibile annoverare: i) la tradizionale famiglia legittima (matrimonio); ii) la nota famiglia di mero fatto (convivenze more uxorio) o “non registrata”; iii) la nuova “unione registrata” all’anagrafe (per qualsiasi sesso); iv) la nuova “unione civile” (per persone di sesso identico).
Per quanto attiene, nello specifico, agli aspetti successori delle coppie di fatto, ivi compresa la disciplina normativa dell’abitazione della casa famigliare, si segnala che, per i conviventi more uxorio, la Consulta ha emanato la seguente pronuncia: “È inammissibile, richiedendosi un’innovazione del sistema normativo riservata al legislatore, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 540, 2° comma, c. c., nella parte in cui non prevede il convivente more uxorio tra i componenti della famiglia del defunto aventi diritto di abitazione sull’alloggio comune, in riferimento agli art. 2 e 3 cost.” (Corte cost., 26/05/1989, n. 310).
Del resto già gli stessi tribunali di merito, che avevano affrontato ex professo la questione, si erano espressi nel medesimo senso: “La disposizione dell’art. 540, 2° comma, c. c., che riconosce al coniuge del defunto il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, non può applicarsi al convivente more uxorio del defunto” (App. Cagliari, 29/07/1982 e App. Roma Sez. IV, 02/12/2013).
Ebbene oggi una innovazione legislativa è intervenuta (sebbene non per i conviventi more uxorio) e l’art. 21 della L. Cirinnà ha previsto che le persone unite in una “unione civile” formano una nuova categoria di legittimari (parificata al coniuge)[27], come tali suscettibili di ricevere, in capo al superstite (erede anche legittimo[28]), l’attribuzione dei diritti prevista dall’art. 540, co. 2, c.c. (oltre che della quota di riserva prevista al co. 1 della medesima disposizione di legge) essendo del resto prevista dalla legge speciale anche la fissazione di una ‘comune residenza familiare’ (art. 12).
Diversamente la legge ha disciplinato le “unioni registrate”, prevedendo per questa formazione una tutela assai più tenue rispetto a quella assicurata alle “unioni civili”: il convivente superstite ha riconosciuto il solo diritto di abitazione per due anni o, se la convivenza è durata più di due anni, per un periodo pari alla durata della convivenza e comunque al massimo per cinque anni; se poi il superstite ha figli minori o disabili il diritto di abitazione non può durare meno di tre anni (art. 42).
Si allegano alla presente relazione: a) i moduli predisposti dal Comune di Milano per procedere alla registrazione costitutiva della convivenza di fatto (doc. n. 01) e b) per formulare l’istanza di scioglimento della stessa (doc. n. 02). Quanto alle istruzioni per la trasmissione al Comune dei patti di convivenza[29] si rinvia sito ufficiale del Comune di Milano (servizi anagrafe / matrimonio / unioni civili / convivenze di fatto).
La P.A. meneghina non ha ancòra adottato prestampati di sorta per le unioni civili in quanto si attende che, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) da emanare entro il 05 luglio 2016 (termine, di fatto, già disatteso), vengano stabilite le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio di stato civile (art. 1, com. 34). Se ne conclude pertanto che, al momento, l’Ufficiale di Stato Civile non può ricevere dichiarazioni finalizzate a costituire un’unione civile tra persone dello stesso sesso.
In ogni caso si segnala, a conclusione dell’intervento, che, per una recente sentenza di merito, la pubblicità delle succitate nuove convivenze di fatto ha valore non costitutivo ma meramente probatorio: “Avendo la convivenza una natura fattuale, e, cioè, traducendosi in una formazione sociale non esternata dai partners a mezzo di un vincolo civile formale, la dichiarazione anagrafica è strumento privilegiato di prova e non anche elemento costitutivo e ciò si ricava, oggi, dall’art. 1 comma 36 della legge n. 76 del 2016, in materia di regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (Trib. Milano Sez. IX, 31/05/2016).
Bibliografia: P. Boero, La trascrizione del diritto di abitazione del coniuge superstite, Giustizia civile, 1984; G. Gabrielli, Commentario alla riforma del diritto di famiglia a cura di Carraro-Oppo-Trabucchi, Padova, 1977; F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, II, Commentario Schlesinger, Milano, 1993; E. Perego, I diritti di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite, in Riv. dir. civ., 1975; C. Trinchillo, Scritti giuridici, Napoli, 2006; L. Mengoni, Successione per causa di morte. Successione legittima, Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1999; M. Finocchiaro, Riforma del diritto di famiglia, III, Milano, 1979; L. Ferri, Dei legittimari, Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma,1981; A. Ravazzoni, Il coniuge superstite, in Dir. fam., 1978; S. Pugliatti, Alcune note sulle successioni legittime, Annali di Messina, 1931; C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, II, Milano, 1964; G. Bonilini, I legati atipici, Milano, 1990; L. Carraro, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979.
Avv. Luca Crotti
Membro della commissione Giustizia Civile dell’Ordine degli Avvocati di Milano
[1] Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2013, n. 4847: “La ratio della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 540 c.c. è da rinvenire, non tanto nella tutela dell’interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, delle relazioni sociali e degli status simbols goduti durante il matrimonio”.
[2] Trib. Bologna, 18/03/2002.
[3] Se si tratta di legato: la trascrizione dovrebbe avere ad oggetto non un apposito atto di accettazione dell’eredità da parte del coniuge (BOERO) ma o il testamento o solo il certificato di morte (art. 2660, c.c.) in caso di successione intestata (indicando, nella nota di trascrizione, il vincolo coniugale: GABRIELLI).
Vi è poi chi, in dottrina, ha ritenuto non trascrivibili tali diritti: a) per inutilità in quanto il legatario prevarrebbe comunque sugli acquisti dei terzi aventi causa dall’erede (la trascrizione degli acquisti mortis causa vale solo a fini di continuità delle trascrizioni ex art. 2650, c.c. per rendere efficaci le successive trascrizioni a carico dell’erede o del legatario); b) per inammissibilità, vista la tassatività dei titoli utilizzabili (GAZZONI).
In giurisprudenza si segnala che la Cass. n. 1909/1995 (per cui anche in subiecta materia la trascrizione opera in funzione di opponibilità) risulta oggi superata dalla più recente Cass. n. 10014/2003 (che, ammettendo la trascrizione del legato ex lege a norma dell’art. 2648, co. 1, c.c., applica, per risolvere l’eventuale conflitto tra l’avente causa dall’erede di un diritto incompatibile con quello di abitazione spettante al coniuge superstite e lo stesso coniuge superstite, i principi contenuti nell’art. 534, co. 2 e 3, c.c.).
[4] Cass., 13/03/1999, n. 2263 e Trib. Palermo, 13/06/2003. D’altronde il legislatore intende assicurare al coniuge i diritti reali in oggetto anche per motivi sentimentali, indipendentemente da qualsiasi valutazione relativa al bisogno effettivo del consorte superstite.
[5] Cass. civ., 06/07/1984, n. 3974: “Il diritto di abitazione, a differenza dell’usufrutto e del diritto di uso, ha carattere talmente particolare e personale da non potere né essere ceduto ad altri, nemmeno quanto all’esercizio, né avere attuazione diversa da quella dell’abitazione personale dell’immobile da parte del relativo titolare”.
Questa posizione avvalora la tesi per cui la tutela in esame non è quantitativa (non si è in presenza di diritti ad un valore economico corrispondente a quello dell’abitazione e dell’uso) ma è una riserva qualitativa assegnata al coniuge.
[6] Cass. civ. Sez. II, 27/04/2015, n. 8507: “In tema di diritto d’uso, il divieto di cessione sancito dall’art. 1024 cod. civ. non è inderogabile, non avendo natura pubblicistica e attenendo a diritti patrimoniali disponibili, sicché nell’atto costitutivo del diritto il nudo proprietario e l’usuario possono derogare al vincolo d’incedibilità”.
Cass. civ. Sez. II, 02/03/2006, n. 4599: “Ai sensi dell’art. 1020 cod. civ. il diritto d’uso, che ha natura personale, trova la sua fonte in un’obbligazione assunta da un soggetto nei confronti di un altro soggetto, il quale può servirsi della cosa secondo lo schema delineato dalla norma citata, con conseguente divieto di cedere il diritto stesso, ex art. 1024 cod. civ., salvo espressa pattuizione di deroga ad opera delle parti”.
Cass. civ. Sez. II, 31/07/1989, n. 3565: “Il divieto di cessione dei diritti di uso e di abitazione, sancita dall’art. 1024 c. c., non è di ordine pubblico e pertanto può essere oggetto di deroga ove espressamente convenuta tra il proprietario (costituente) e l’usuario, senza che la stessa possa desumersi, implicitamente, per il solo fatto che questo ultimo, violando la norma, ceda il suo diritto a terzi”.
[7] Si segnala che, nel settore delle cd. “A.D.R.”, l’art. 5 del d.l. n. 132/2014 conv. in l. n. 162/2014 (negoziazione assistita), nel facoltizzare gli avvocati a certificare (oltre all’autografia delle firme delle parti) la liceità dell’accordo, impone di verificare la conformità del negoziato alle norme imperative e all’ordine pubblico, ma non anche al buon costume (quale nozione che, civilisticamente, individua i singoli precetti morali riconosciuti dall’ordinamento giuridico).
[8] E questo dicasi in quanto è venuta meno l’originaria ‘residenza familiare’ (PEREGO) – critica: la residenza è richiesta solo al momento del sorgere del diritto in quanto se il coniuge, acquistato il diritto, si trasferisce in altra casa non perde solo per questo il diritto (fatto salvo il non uso ventennale) – ovvero in quanto si ha un caso di abuso del diritto (ex artt. 1026 e 1015, c.c.) quale utilizzazione del diritto in modo non conforme al suo limite coessenziale (GABRIELLI e TRINCHILLO) o, ancora, in quanto si rientra in un caso di sopravvenuta inutilità della specifica esigenza di tutela (MENGONI). Contra FINOCCHIARO che non trova espressa nel testo di legge la causa di estinzione in esame (quest’ultima interpretazione è viziata dal fatto che trascura completamente di considerare la ratio etico-sentimentale sottesa all’art. 540, co. 2, c.c.).
[9] Conformi Cass., 23/05/2000, n. 6691; Cass., 22/07/1991, n. 8171 e Trib. Roma, 26/03/2003. In dottrina così anche L. FERRI; contra (e quindi in favore dell’estensione della norma limitatamente alla quota del de cuius) GABRIELLI (per sostenere questa posizione, tuttavia, si deve aderire alla tesi che ravvisa nell’art. 540, co. 2, c.c. una tutela meramente qualitativa del legittimario).
[10] Cass., 14/03/2012, n. 4088 e Cass., 27/02/1998, n. 2159.
[11] Oltre a Cass. civ. Sez. II, 22/10/2014, n. 22456: “In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare al momento dell’apertura della successione fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto reale di abitazione al coniuge superstite”.
[12] Invece altra opinione (GABRIELLI, RAVAZZONI) ritiene che i diritti in oggetto sono conservati pure in caso di separazione, qualora non vi sia stato addebito a carico del coniuge superstite (cfr. artt. 548 e 151, co. 2, c.c.) che ha continuato a risiedere nella ex casa familiare (magari in presenza di prole minorenne o maggiorenne portatrice di handicap ex art. 337-sexies, c.c.).
[13] Riprendendosi lo schema di cui all’art. 661, c.c.
Per quanto possa occorrere si segnala che, in dottrina, è stato assai criticato il concetto di legato ex lege in quanto espressivo di un’autentica contraddizione in termini: il legato, in quanto tale, è “essenzialmente testamentario” (PUGLIATTI, GANGI, MENGONI).
[14] Questa la ricostruzione del fenomeno (che fa prevalere l’aspetto quantitativo della tutela su quello qualitativo) per la dottrina tradizionale (BONILINI, CARRARO, RAVAZZONI) e per la stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un., 27/02/2013, n. 4847; Cass., 31/07/2013, n. 18354; Cass. 30/04/2012, n. 6625).
[15] È vero che sono diritti formalmente nuovi (che non erano in titolarità del testatore) ma sono facoltà sostanzialmente già comprese nel patrimonio ereditario.
[16] Cass. civ. Sez. II, 10/09/2013, n. 20703.
[17] Così anche per Trib. Monza, 27/12/2011: “Il diritto di abitazione, gravante sull’immobile in favore della coniuge superstite, per averlo adibito a residenza familiare, ai sensi dell’art. 540, 2 comma c.c., non preclude l’azione esecutiva promossa sull’immobile da terzi soggetti, creditori del comproprietario. La titolarità da parte di un terzo di un diritto reale sul bene pignorato, se opponibile, incide sul prezzo di vendita dell’immobile, determinandone la riduzione a causa del vincolo gravante sul bene, ma non impedisce la prosecuzione dell’azione esecutiva e la vendita del bene. L’esistenza di un diritto reale sul bene pignorato non può, invero, paralizzare l’azione esecutiva, pregiudicando il soddisfacimento di crediti da parte di soggetti che hanno legittimamente pignorato il bene di proprietà del debitore esecutato”.
[18] Commiss. Trib. Prov. Puglia Bari Sez. XV, 25/06/2010: “Non è ammessa l’adozione della misura cautelare dell’iscrizione ipotecaria su diritti non suscettibili di esecuzione forzata quale il diritto di abitazione, ai sensi degli artt. 1024 e 2810 c.c.”.
[19] Trib. Milano, 22/02/2001: “Non essendo possibile lo scorporo del diritto di abitazione da quello di usufrutto, è legittimo il pignoramento del diritto di usufrutto su di un immobile anche se l’intenzione dell’usufruttuario era quella di garantirsi esclusivamente il diritto di abitare l’unità immobiliare”.
[20] Sulle pressioni di matrice comunitaria: Corte europea diritti dell’uomo, Sez. IV, 21/07/2015, n. 18766/11 per la quale “L’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo tutela le persone dall’ingerenza arbitraria delle autorità pubbliche ma può anche porre in capo allo Stato alcuni obblighi positivi al fine di garantire l’effettivo rispetto dei diritti tutelati. Tali obblighi possono comportare l’adozione di misure destinate a garantire il rispetto della vita privata o familiare anche nella sfera dei rapporti interpersonali. Laddove non possano accedere al matrimonio, le coppie omosessuali hanno particolare interesse a ottenere la possibilità di contrarre una forma di unione civile o di unione registrata, dato che questo sarebbe il modo più appropriato per poter far riconoscere giuridicamente la loro relazione e garantirebbe loro la relativa tutela – sotto forma di diritti fondamentali relativi a una coppia che ha una relazione stabile – senza ostacoli superflui. Il Governo italiano ha ecceduto il suo margine di discrezionalità e non ha ottemperato all’obbligo positivo di garantire che i ricorrenti disponessero di uno specifico quadro giuridico che prevedesse il riconoscimento e la tutela delle loro unioni omosessuali, così violando l’art. 8 della Convenzione”.
La Consulta, di conseguenza, si è così pronunciata: “È indispensabile che il legislatore, con sollecitudine, introduca nel nostro ordinamento giuridico una forma alternativa e diversa dal matrimonio che consenta la unione civile a persone del medesimo sesso” (Corte cost., 11/06/2014, n. 170).
[21] Comm. Tributaria Regionale della Liguria, n. 575/2016: per gli atti di donazione effettuati tra persone dello stesso sesso legate in una unione civile riconosciuta da un Paese estero si applica l’aliquota agevolata prevista dalla normativa italiana per le donazioni tra “familiari”.
[22] Per tale pronuncia: “E’ nulla per contrarietà ai buoni costumi (art. 1343 c.c.) la disposizione testamentaria avente per un unico motivo la convivenza more uxorio adulterina del de cuius, coniugato con la persona onerata da tale disposizione”.
[23] Ritenuti “stabili” quando “perdurano da almeno un biennio”: Trib. Brescia Sez. II, 10/04/2003 (altrimenti deve ritenersi di essere in presenza di una semplice “relazione sentimentale”: Trib. Terni, 02/07/1997).
[24] Su tale diversità cfr. anche Corte cost., 27/03/2009, n. 86 (emessa in tema di infortuni sul lavoro).
[25] T.A.R. Toscana Sez. I, 09/02/1996, n. 49: “E’ preclusa all’autonomia degli enti locali la potestà di istituire nuove qualificazioni di situazioni intersoggettive, affinché operino come dato di aggregazione sociale, con valore di presupposto requisito di speciale capacità o attitudine ad essere titolari di poteri e doveri giuridici, in quanto in contrasto col principio di uniformità e coerenza del sistema nell’intero territorio nazionale, in riferimento alla materia anagrafica (nella specie, è stata ritenuta illegittima la proposta di regolamento comunale sulle unioni civili nella parte in cui si attribuiva rilevanza alle situazioni di convivenza duratura fra maggiorenni di sesso diverso o dello stesso sesso, differenti dal matrimonio)”.
T.A.R. Toscana Sez. I, 11/06/2001, n. 1041: “E’ legittima la delibera consiliare con cui un Comune, al fine di assicurare alle “coppie di fatto” l’accesso ai procedimenti, ai benefici e alle opportunità amministrative alle medesime condizioni riconosciute alle coppie sposate, istituisce un “registro amministrativo delle unioni civili”, caratterizzato dalla volontaria iscrizione dei soggetti “uniti di fatto” e rispettoso dei principi generali della normativa statale e regionale, che ha competenza esclusiva in materia di stato civile ed anagrafe”.
[26] Prima societas in ipso coniugio est.
[27] Cod. civ.: libro II, titolo I, capo X (“Dei legittimari”), sedes materiae dell’art. 540, co. 2, c.c.
[28] Cod. civ.: libro II, titolo II (“Delle successioni legittime”).
[29] Si consideri che la stipula del cd. “patto di convivenza” viene annotata sul “certificato di convivenza” rilasciabile da qualsiasi sportello anagrafico, seguendo le regole dell’imposta di bollo (esente solo se richiesto per una delle cause previste dall’art. 8, d.P.R., n. 642/1972).
Si precisa inoltre che nessuna annotazione della stipula di un patto di convivenza viene fatta sulla certificazione di stato libero (che, anche in presenza di un patto, viene rilasciata come sinora praticato).