“L’art. 2929-bis, co. 1, c.c. e i relativi limiti di applicazione”, in Libero Osservatorio del Diritto, 3, 2016

Sommario: 1. Introduzione. – 2. La legge. – 3. Le fattispecie temporalmente rientranti nell’area applicativa della norma. – 4. I rapporti funzionali con l’azione revocatoria e la ratio dell’art. 2929-bis, c.c. – 5. Gli ‘elementi costitutivi’ della norma (il credito – l’atto) e l’intervento. – 6. Il pregiudizio (eventus damni). – 7. L’onere della prova (co. 1 e 3) e la scientia damni. – 8. Il conflitto tra creditori chirografari del donante e del donatario. – 9. La trascrizione e i terzi subacquirenti.

  1. Introduzione.

Buon pomeriggio a tutti e, collettivamente a tutti i presenti, il mio ringraziamento per aver aderito a questa iniziativa culturale organizzata dalla rivista ‘Libero Osservatorio Del Diritto’ su una norma, il nuovo art. 2929 bis, c.c., così importante[1].

Il valore del “bene” circolazione.

Per F. Carnelutti (“Teoria giuridica della circolazione”, 1933): il fenomeno risponde ad esigenze di pubblico interesse (certezza dei rapporti giuridici) e rappresenta “una delle condizioni elementari per la vita della società”.

L’impianto teorico si fonda su tre pilastri:

  1. Libertà (nella disposizione dei diritti);
  2. Evidenza (della vicenda circolatoria, mediante indici esterni di riconoscibilità ultra partes);
  3. Sicurezza (di godimento del bene acquistato).

Quest’ultima colonna portante rischia di crollare se il 2929-bis verrà interpretato con “leggerezza” (mettendosi in crisi l’efficienza dell’atto dispositivo[2]).

La nuova regola introdotta dall’art. 2929, bis, c.c.:

il creditore, munito di titolo esecutivo, che ritiene di essere stato pregiudicato dal compimento, da parte del debitore, di un atto “gratuito” ad effetti reali può pignorare direttamente il bene anche presso il terzo, senza dover prima passare per la revocatoria, entro un anno dalla trascrizione dell’atto lesivo della garanzia patrimoniale generica (art. 2740, c.c.).

Termine annuale di decadenza (no sospensioni/interruzioni)[3];

rispetto al terzo acquirente: ipotesi particolare di “responsabilità per debito altrui[4]”, che scatta in conseguenza di un suo acquisto ‘a titolo gratuito’ (senza una “sentenza contro” in regiudicata[5] e senza un diritto di seguito del creditore[6]).

 

  1. La legge.

La toponomastica della norma ‘singolare’ (innestata nel libro 6°, c.c., in tema di tutela giurisdizionale dei diritti, creandosi una nuova ed autonoma sezione, la I-bis, in materia di espropriazione forzata).

Difetti di coordinamento (più evidenti):

  • con regole in tema di pignoramento, derogate per il principio di specialità: artt. 2914, n. 1)[7], c.c. e 2915, co. 1, c.c. ([8]);
  • con il fondo patrimoniale (art. 167, c.c.): per diritto vivente l’opponibilità deriva, non dalla trascrizione (come previsto dalla lettera del 2929-bis), ma dall’annotamento a margine dell’atto di matrimonio;
  • si introduce un eccezionale tipo di azione esecutiva: creditore oggi può espropriare un bene immobile “presso il terzo proprietario” (per il solo fatto della natura ‘gratuita’ dell’acquisto), prescindendo totalmente dalle particolari condizioni richieste dall’art. 2910, co. 2, c.c. che viene attuato, sul piano processuale, dall’art. 602, c.p.c.

La norma (che incide sul fenomeno della circolazione perché “io vado contro il terzo come se fosse il debitore”): pare diretta a colpire, più che le donazioni (già particolarmente instabili per le interferenze con la materia ereditaria), i trust interni e i vincoli di destinazione di beni allo scopo, spesso usati con finalità elusive[9].

 

  1. Le fattispecie temporalmente rientranti nell’area applicativa della norma.

Il dato temporale: la norma è entrata in vigore dal 27 giugno 2015.

Più che l’art. 23, co. 6, d.l. n. 83/2015 [per cui: “L’art. 2929-bis si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” (l’inizio dell’esecuzione, sebbene per la giurisprudenza prevalente coincida con il pignoramento[10], per la migliore e più autorevole dottrina processual-civilistica inizia invece con il precetto[11]: Luiso, Carnelutti, Satta e Zanzucchi)], rileva il seguente aspetto:

la norma si applica anche alle donazioni trascritte prima del 27 giugno 2015 ?

per il Tribunale di Ferrara, ord. n. 3265 del 10.11.2015 si applica alle donazioni precedenti perché si è in presenza di una norma processuale (e non c’è quindi un problema di retroattività perché il pignoramento viene iniziato dopo l’entrata in vigore del 2929-bis).

Sebbene parte della dottrina notarile sia di contrario avviso (per ragioni sostanziali di affidamento del terzo già acquirente a titolo gratuito e di certezza dei traffici giuridici), la pronuncia lascia perplessi perché omette di considerare l’alterazione, tutta di diritto sostanziale[12], del precedente regime di opponibilità dell’atto “gratuito”.

 

  1. I rapporti funzionali con la revocatoria[13] e la ratio del 2929-bis.

I due strumenti rispondono a funzioni differenti (autonomia[14])[15].

La revocatoria serve a conservare la garanzia del credito quando questa è messa in pericolo (art. 2740, c.c.)[16] mentre l’art. 2929-bis, c.c. assolve ad una funzione esecutiva nel consentire la concretizzazione della garanzia patrimoniale quando l’inadempimento risulterebbe altrimenti oggettivamente inevitabile[17].

La scorrettezza di una sovrapposizione meccanica, sul 2929-bis, dell’esperienza maturata giudizialmente in tema di revocatoria[18].

La ratio della nuova norma, quindi, è quella di rafforzare processualmente la posizione del creditore e il legislatore realizza questo scopo attraverso tre mosse:

  • esonera il creditore dal dover previamente agire per fare accertare l’inefficacia dell’atto dispositivo del debitore;
  • dà al creditore un’azione immediatamente esecutiva (anche contro il terzo proprietario);
  • e prevede una inversione della iniziativa processuale (in sede di opposizione).

Il 2929-bis, lungi dall’integrare un caso di “inefficacia temporanea ex lege” (G. Rizzi), prevede una forma di inopponibilità relativa che riguarda i soli atti previsti dalla norma (presi in considerazione come fattispecie e non come autoregolamento di interessi)[19].

 

  1. Gli ‘elementi costitutivi’ della norma (il credito – l’atto) e l’intervento.

Presupposto dell’azione è la presenza di un credito che, per essersi in àmbito di esecuzione forzata, dev’essere certo[20], liquido[21] ed esigibile[22] (art. 474, c.p.c.).

Il credito può avere fonte negoziale, legale (aquiliana) o giudiziale e dev’essere anteriore rispetto all’atto di disposizione lesivo (la norma, in proposito, non richiede data certa ex art. 2704, c.c.: G. Oberto).

Infine il creditore dev’essere munito di titolo esecutivo, che può formarsi anche dopo il compimento dell’atto di disposizione del debitore (per es.: decreto ingiuntivo)[23].

 

La vicenda ‘sospetta’ è la “alienazione” o la “costituzione di un vincolo di indisponibilità” posti in essere a titolo “gratuito” che abbia ad oggetto “beni immobili” o “mobili registrati” ([24]).

Sono interessati solo gli atti inter vivos di carattere patrimoniale[25] (nelle successioni, anche a prescindere dalla inefficacia dell’atto prima del decesso del disponente e comunque dalla mancanza di una alienazione[26], i creditori del de cuius hanno altri strumenti di tutela: la responsabilità dell’erede e l’art. 512, c.c.).

Il riferimento letterale del 2929-bis alla “gratuità” può essere foriero di gravissimi equivoci perché la norma, se così fosse, parrebbe riferirsi, non alla causa dell’atto dispositivo (liberale o corrispettiva)[27], ma alla caratteristica della prestazione (che integra la disciplina dell’atto, ma non lo indentifica sul piano funzionale)[28].

L’adesione a questa impostazione può infatti creare un grave vulnus al traffico giuridico per l’incertezza, che ne discenderebbe, sulla applicazione della norma ad un numero indefinibile di situazioni-limite (che ritengo escluse dal 2929-bis). Qui solo a titolo esemplificativo:

  1. la cd. vendita gratuita (non tanto quella, paradossale, effettuata “nummo uno” quanto quella, più realistica, avvenuta a prezzo vile – negotium mixtum cum donatione -: il rischio è che l’acquirente subisca un’esecuzione di un estraneo per il solo fatto che un creditore dell’alienante non abbia ritenuto congruo il prezzo pagato dal terzo proprietario);

per parte della dottrina notarile (Testa) il 2929-bis si applicherebbe (rischio del “contratto giusto”);

  1. i trasferimenti posti in essere in sede di separazione e divorzio[29];

per dare la corretta rappresentazione della difficoltà ermeneutica che si incontra nell’individuare il profilo oneroso o gratuito dell’operazione si richiama una recente pronuncia:

Cass. 10 aprile 2013, n. 8678 la quale afferma che tali attribuzioni “rispondono ad in intento di sistemazione dei rapporti economici della coppia” che è solo socialmente tipico (no donazione né vendita) e possono “colorarsi dei tratti propri dell’onerosità o della gratuità a seconda che l’attribuzione trovi o meno giustificazione nel dovere di compensare e/o ripagare l’altro coniuge del compimento di una serie di atti a contenuto patrimoniale, anche solo riflesso, da questi posti in essere nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale”;

  1. la cd. obbligazione naturale (art. 2034, c.c.) – non ‘obbligazione imperfetta’ o “debito senza responsabilità”, ma giusta causa dell’attribuzione patrimoniale oltre a vendita e donazione (M. Giorgianni) -;

per una parte della dottrina (G. Rizzi e G. Oberto): l’atto rientra nel 2929-bis se la disposizione non è “proporzionata” rispetto al patrimonio dell’alienante.

È evidente, sul punto, la necessità di chiarire l’esatta portata della norma attraverso una rigorosa interpretazione restrittiva (correttiva), conseguente alla adozione di un criterio ermeneutico non meramente letterale ma di sistema (che tenga quindi conto della eccezionalità[30] dell’art. 2929-bis per le deroghe agli artt. 2914, n. 1) e 2910, co. 2, c.c. nonché all’art. 602, c.p.c.)[31]: ritengo che la stessa (contenendo una formula legislativa ‘inadeguata’) si applichi solo alle donazioni formali[32] (art. 769, c.c.)[33], oltre naturalmente agli atti destinatori (traslativi oppure auto-dichiarati: artt. 2645-ter, c.c. e 2447-bis, c.c.).

Si chiede, inoltre, ai Giudici la massima severità nell’assolvimento di una necessaria funzione di ‘filtro’: mediante l’inibitoria (art. 624, c.p.c. per le iniziative ‘non manifestamente fondate’) e mediante l’art. 96, c.p.c. (per sanzionare l’avvocato spregiudicato o, meglio, improvvido).

Escamotage affinché si possa evitare l’esecuzione ex art. 2929-bis, c.c.:

  1. vendita seguita da una rinuncia al credito da prezzo[34];
  2. vendita simulata (che dissimila una donazione).

 

Quanto all’intervento dei “creditori anteriori” (che si fonda sull’art. 2741, c.c.):

i creditori del donante, se a loro volta muniti di titolo esecutivo[35] (anche successivo al pignoramento), possono intervenire anche nell’esecuzione instaurata da uno di essi verso il terzo proprietario (l’art. 604, c.p.c., infatti, consente l’applicazione dell’intervento previsto verso il debitore dall’art. 499, c.p.c.).

Tuttavia, è opportuno precisare, i creditori del donante non possono intervenire nella espropriazione iniziata dai creditori del donatario (terzo proprietario).

 

  1. Il pregiudizio (eventus damni).

La corretta applicazione della norma passa attraverso l’esatta delimitazione di due concetti chiave, sui quali si fonda tutto l’art. 2929-bis: il concetto di “gratuità” dell’atto (del debitore) e il concetto di “pregiudizio” (del creditore).

L’atto dev’essere causa di pregiudizio.

Il pregiudizio, essendosi in presenza di una norma sull’esecuzione forzata, presuppone un inadempimento del debitore (indispensabile per potersi attivare il 2740, c.c.)[36] che non si esaurisce nella mancata esecuzione della prestazione dovuta (ex art. 1218, c.c.) ma che si caratterizza per aver reso senz’altro impossibile il soddisfacimento coattivo dell’interesse del creditore.

Perciò il pregiudizio in esame pare non essere lo stesso della revocatoria[37] (mera “diminuzione” della garanzia generica), e la relativa area di operatività sembra essere più ristretta coincidendo con il ‘danno’ (questa circostanza potrebbe rilevare, nel merito, ai fini di determinare il verso di un eventuale giudizio di opposizione a fronte di un abuso dello strumento processuale da parte del creditore, sanzionabile anche con l’art. 96, c.p.c., il quale indirizzata l’iniziativa contro il terzo nonostante la capienza del patrimonio del proprio debitore):

si richiede, in particolare, la “esclusione” della garanzia generica (oggettiva inidoneità del patrimonio residuo del debitore a soddisfare il singolo credito particolare): il rimedio è ad una lesione definitiva (non è richiesta una “totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore” in quanto si deve guardare alla corrispondenza immediata tra patrimonio del debitore e misura del credito) e tende a rimuovere il danno assicurando la fruttuosità della esecuzione forzata.

Del resto solo la oggettiva impossibilità di ricevere dal debitore l’adempimento, in conseguenza di un atto dispositivo posto gratuitamente in essere da quest’ultimo, può legittimare (non a caso entro il breve termine decadenziale di un anno) un creditore ad invadere (addirittura in via esecutiva) la sfera giuridica di un terzo totalmente estraneo (anche sul piano cognitivo) al rapporto obbligatorio per cui si agisce (extrema ratio)[38].

Nemmeno è sufficiente, come invece lo è per la revocatoria, una “più incerta o difficile” soddisfazione del credito: non rileva il peggioramento qualitativo del patrimonio del debitore (intanto perché il disponente non riceve nulla in cambio[39] e non può esserci una valutazione comparativa tra differenti sostanze patrimoniali prima e il dopo l’atto di disposizione)[40]:

un debitore di 100 ha in patrimonio beni per 200: 1 bene da 100 a Milano e 5 da 20 sparsi in tutt’Italia; dona il bene da 100: il creditore, pur essendo onerato di organizzare una più complessa fase esecutiva, potrà solo agire contro il debitore sul patrimonio residuo[41].

Rileva solo il pregiudizio quantitativo[42], effettivo (non solo potenziale) e attuale (l’esistenza del pregiudizio dev’essere verificata al tempo dell’atto di disposizione e al tempo del pignoramento: irrilevanza successive vicende patrimoniali del debitore).

 

  1. L’onere della prova (co. 1 e 3) e la scientia damni.

Si legge, tra i vari commenti sinora pubblicati sulla disposizione in esame, che la norma, prevedendo una presunzione legale semplice[43], determina una inversione dell’onere della prova a carico del debitore (favor legis per il creditore che beneficerebbe della relevatio ab onere probandi).

Non si condivide l’assunto in quanto non mi pare ravvisabile alcuna presunzione legale iuris tantum (art. 2728, co. 1, c.c.: schema del fatto costitutivo presunto e del fatto impeditivo da dimostrare)[44].

L’art. 2697, c.c., nel distribuire l’onere della prova tra le parti litiganti in funzione del processo, non parla di ‘attore’ e ‘convenuto’ ma si riferisce, in termini sostanziali, a ‘chi fa valere un diritto’ (l’onere della prova nella sostanza resta immutato perché, mi pare, chi possa far valere in giudizio un diritto sia sempre e solo il creditore, sia nella revocatoria[45] sia nel 2929-bis).

Invero l’art. 2929-bis, si limita a disporre una semplice inversione dell’iniziativa processuale, onerandone il debitore, il quale può fare opposizione (art. 615, c.p.c.)[46] e costituirsi in giudizio limitandosi ad affermare: “non è vero” (che il creditore abbia subìto il pregiudizio a me noto).

È quindi un’ipotesi di provocazione ad probandum ([47]).

E siccome è il creditore che sta facendo valere un diritto, sarà su quest’ultimo che continuerà a gravare l’onere della prova a norma dell’art. 2697, co. 1, c.c. ([48]).

Pertanto il creditore, instaurata l’opposizione da parte del debitore, dovrà riuscire a dimostrare:

  1. sul piano oggettivo: l’esistenza del pregiudizio (ex co. 1°, art. 2929-bis, c.c.);
  2. sul piano soggettivo: la relativa conoscenza (effettiva[49]) da parte del debitore (ex co. 3°, art. 2929-bis, c.c.)[50], ossia della cd. scientia damni (e, sotto questo aspetto, forse più semplice potrà essere la prova per i crediti di fonte contrattuale).

Altrimenti il debitore sarebbe ‘cornuto e mazziato’ perché subisce l’esecuzione, è onerato di instaurare l’opposizione e deve pure provare che il creditore ha torto. Peraltro, in caso di debito contrattuale, la prova assegnatagli dalla legge sarebbe per lui pressoché diabolica (un debitore, mediamente sano di mente, ha la consapevolezza dei suoi debiti e della consistenza del suo patrimonio e quindi il debitore potrebbe provare la mancata conoscenza del pregiudizio solo quando questo non si è verificato): sarebbe un’interpretazione tutta per le banche! Ma non può essere così.

 

  1. Il conflitto tra creditori chirografari del donante e del donatario.

Su questo possibile conflitto, il 2929-bis tace.

Per parte della dottrina notarile (Petrelli e Busani) si applicano per analogia le norme in tema di simulazione (art. 1416, co. 2, c.c.).

Onestamente non vedo l’analogia.

La logica dovrebbe imporre di affermare che prevalga il creditore del disponente, altrimenti la portata della norma ne risulterebbe assai affievolita (salvo che il creditore del donatario abbia iniziato prima l’esecuzione).

Personalmente ritengo applicabile[51] l’art. 2915, co. 2, c.c. (equiparando il creditore pignorante all’avente causa dall’esecutato[52]).

 

  1. La trascrizione e i terzi subacquirenti.

Sin può in conclusione ritenere che, da oggi, la trascrizione delle donazioni è divenuta una “fattispecie complessa a formazione successiva” per cui l’opponibilità dell’atto deriva dalla combinazione di più elementi (“trascrizione + decorso di 1 anno senza pignoramento”) oppure è fattispecie assoggettata, in conseguenza dell’eventuale pignoramento, ad una condicio iuris risolutiva (della opponibilità del titolo trascritto).

La posizione dei terzi subacquirenti, in considerazione del meccanismo trascrizionale, rispetto al pignoramento del creditore del disponente. Mancanza di norma espressa.

Parte della dottrina processual-civilistica ritiene applicabile l’art. 2901, c.c. ed estende il pignoramento ai terzi subacquirenti a titolo gratuito (Luiso e Astuni).

Il ragionamento si fonda o sull’applicazione analogica della revocatoria (ma questo istituto colpisce il negozio giuridico inteso, più che come atto, come autoregolamento di interessi) o sul principio dell’acquisto derivativo-traslativo che importa il subentro dell’avente causa nella medesima posizione dell’autore (ma il 2929-bis è una norma di stretta interpretazione che, per di più, non riguarda un vizio dell’atto) o ancora sul fatto che nel bilanciamento dei contrapposti interessi (i rischi devono essere ricollegati ai vantaggi) il creditore sta cercando di evitare un danno (“certat de damno vitando”) mentre il (sub)donatario sta semplicemente ricevendo un regalo (“certat de lucro captando”).

Altra dottrina notarile (Franco e La Porta) ritiene, invece, che il terzo subacquirente non sia mai soggetto all’azione esecutiva (del creditore del disponente originario) in quanto non è un avente causa dal debitore (il fatto che il pregiudizio derivi al creditore da “un atto del debitore” è un presupposto per l’azionabilità del pignoramento).

Allo stato non si ha conoscenza di autori che sostengano l’opponibilità del pignoramento a carico di qualsiasi subacquirente (a titolo oneroso e gratuito).

[1] Si segnala che la disposizione in esame è stata oggetto di una recente integrazione, in forza dell’art. 4, co. 1-bis del cd. maxiemendamento al d.l. 3 maggio 2016, n. 59 (G.U. n. 102 del 3.05.2016) con vigenza dal 4.05.2016, della quale non si è potuto tenere conto in sede di stesura del presente lavoro e che sarà pertanto affrontata dall’a. in occasione di un saggio di prossima pubblicazione sul tema.

[2] Si espongono a grandissimo rischio la stabilità e la certezza delle attribuzioni patrimoniali (le prestazioni, quali effetti dell’atto).

[3] È infatti un termine di esercizio del “diritto all’esecuzione”, ossia inerente ad una fattispecie procedimentale (il processo esecutivo) rilevante solo sul piano giuridico-formale (l’esercizio del diritto sottoposto al termine non realizza immediatamente l’interesse sostanziale, come invece accade nei casi di prescrizione: B. Grasso).

[4]  Che non è autonoma ma strettamente collegata al debito, di cui ne segue le sorti (non è un caso se il terzo proprietario può fare opposizione all’altrui pignoramento non a norma dell’art. 619, c.p.c. ma in base all’art. 615, c.p.c.).

[5] All’esito di un procedimento di merito in cui debitore e terzo acquirente sono stati litisconsorti passivi necessari.

Si consideri che in questo caso la norma (2910, 1o cpv., c.c.) già deroga al principio per cui i creditori chirografari non hanno alcun diritto di sèguito sui beni del debitore.

[6] Quindi, ad ulteriore conferma della eccezionalità della norma, non si ha nessuna “estensione” di responsabilità rispetto ai casi del 2910, co. 2, c.c.

[7] La norma prevede la inefficacia delle alienazioni immobiliari trascritte successivamente al pignoramento (il legislatore per tutelare meglio il creditore lo ha equiparato al terzo avente causa, applicando i principi che operano in materia di conflitto tra diversi aventi causa: tra creditore pignorante e acquirente dell’immobile pignorato prevale chi trascrive per primo – per la soluzione in esame depongono ragioni di certezza processuale: l’alienazione non può pregiudicare l’esecuzione forzata -).

[8] La norma risolve il conflitto tra il creditore pignorante e il beneficiario del vincolo di indisponibilità in favore di chi per primo trascriva.

[9] E ciò avviene quando questi atti sono compiuti unicamente per determinare l’effetto separatorio, vietato dall’art. 2740, c.c., in pregiudizio dei creditori del disponente (senza che ricorra la concreta destinazione del bene ad un fine lecito e meritevole di tutela – non capriccioso né futile -).

[10] Vincolo di destinazione al soddisfacimento dell’interesse del creditore.

[11] È infatti corretto distinguere tra inizio dell’esecuzione (art. 479, c.p.c.) ed inizio dell’espropriazione (art. 491, c.p.c.).

L’atto di precetto, lungi dall’essere un atto meramente prodromico all’esecuzione, del resto:

  1. assolve, nella individuazione del diritto fatto valere, ad una funzione processuale analoga a quella rivestita dalla domanda giudiziale (citazione o ricorso);
  2. al pari della domanda giudiziale: impedisce la decadenza e nell’interrompere o sospendere la prescrizione (art. 2943, co. 1, c.c.);
  3. lo stesso art. 617, co. 2, c.p.c. equipara, in materia di opposizione, il precetto a tutti gli altri atti del processo esecutivo.

[12] La trascrizione (nell’àmbito delle vicende acquisitive “a domino” – o perché la legittimazione a disporre viene consumata dalla trascrizione o quale conseguenza della risoluzione del primo acquisto -) è “fattispecie secondaria” che serve a dirimere i ‘conflitti’ materiali tra titoli (“fattispecie primarie”) spostando su un piano formale (art. 2644, c.c.) il criterio del “prior in tempore potior in iure” (L. Mengoni, Gli acquisti <<a non domino>>, Milano, 1994, 8-11 e S. Pugliatti, La trascrizione, 1, Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1957, 455), per alcuni (Barassi), rendendo opponibile (ai terzi controinteressati) il titolo trascritto per primo (funzione latamente costitutiva, di fronte ai terzi, dell’opponibilità dell’atto o dell’effetto) ovvero, per altri (Gazzoni), risolvendo (condicio iuris) in automatico il primo acquisto non trascritto tempestivamente.

Solo per una teoria rimasta del tutto isolata (L. Ferri) la trascrizione è fattispecie di natura processuale (dà al giudice il criterio di giudizio).

[13] Il riferimento riguarda naturalmente quella ordinaria (azione ‘pauliana’), anche se quella fallimentare (artt. 64, ss. L. Fall.) e quella penale (art. 192-195, c.p.) hanno la medesima natura (art. 2904, c.c.).

[14] Nei primi commenti apparsi sinora in materia si sono già lette affermazioni figlie di taluni malintesi e frutto di possibili equivoci:

  1. tipo che si è in presenza di una “sorta di revocatoria ex lege” (ritenendosi, erroneamente, che il 2929-bis determini una inefficacia temporanea ex lege dell’atto dispositivo che si assume lesivo – quasi che il debitore sia stato “espropriato” dal Legislatore del potere di disporre a titolo gratuito -);
  2. poi, sulla scorta della relazione al ‘disegno di legge’, si è parlato di “azione revocatoria semplificata” o che viene esercitata dal creditore direttamente in via esecutiva (C.S.M. e G. Oberto) – ma la tesi presuppone di ritenere ammissibile un’azione avente una doppia funzione (tra l’altro, disposta in un ordine non propriamente logico, prima esecutiva e poi, solo eventualmente, cautelare) oppure impone di riproporre la tesi adombrata sotto il cod. civ. del 1865, poi superata dall’art. 2902 del codice vigente, della revocatoria come azione esecutiva (il creditore, prima di impugnare l’atto del debitore, doveva agire in sede esecutiva facendo constare l’insolvenza del debitore, ossia la sua incapacità di adempiere: ma quest’ultima ricostruzione, evidentemente, proverebbe troppo) -;
  3. e, in dottrina (Petrelli), si è parlato, evidenziando l’inversione delle tradizionali fasi giudiziali, di “espropriazione forzata anticipata” (rispetto, immagino io, all’accertamento del diritto) – ma l’opposizione non è affatto necessaria e quindi l’esecuzione può non anticipare alcunché -;
  4. ed ancòra si trova scritto di una non meglio precisata azione revocatoria “invertita” (forse sull’idea di una revocatoria introdotta ope exceptionis, ossia da parte del debitore, ma sul presupposto che il pregiudizio sia identico in entrambe le ipotesi del 2901 e del 2929-bis, c.c.);
  5. si è infine fatto cenno (Violante) ad una sorta di revocatoria “implicita” nell’esecuzione forzata (ma la revocatoria non viene proprio in considerazione in quanto il 2929 bis non conserva la garanzia generica ma è diretto a soddisfare il diritto del creditore).

[15] Entrambi gli istituti sono forme di attuazione della responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740, c.c.) la quale solo descrittivamente può essere definita come un ‘vincolo di destinazione’ dei suoi beni al soddisfacimento (per equivalente) dell’interesse (risarcitorio) del creditore (non si ha una garanzia reale – ossia un ‘pegno generale’ – gravante sul patrimonio dell’obbligato) e che in realtà (oltre a rappresentare un mezzo di pressione psicologica sul debitore affinché adempia spontaneamente in vista della sanzione) individua la sfera entro cui può operare lo strumento processuale attribuendo al creditore la facoltà di (rimediare alla modifica negativa della garanzia patrimoniale generica e così di) agire progressivamente in giudizio: a) in via preventiva per conservare le sue ragioni sui beni del debitore (art. 2901, c.c.) e b) di agire in via esecutiva per escutere gli stessi (art. 2929-bis, c.c.), in quanto oggetto di affidamento del medesimo creditore.

Il 2740, sotto il profilo funzionale, ci dice che il debitore risponde con il suo patrimonio (universalità) che dunque rappresenta la garanzia generica che dà sicurezza al creditore in ordine alla realizzazione del suo diritto (L. Barbiera).

[16] Il 2901 “tutela l’effettività della responsabilità patrimoniale” (Cass. sez. III, 13.08.2015, n. 16793), prevenendo la lesione del credito (non c’è un danno attuale ma una situazione di pericolo che viene rimossa), ed ha la funzione (al più) di preparare la fruttuosità della (eventuale) fase di esecuzione forzata (lo strumento ha carattere ‘non satisfattivo’ ma “cautelare” poiché conserva l’oggetto della responsabilità patrimoniale del debitore).

In realtà la revocatoria (art. 2901, c.c.) non ha mai funzione esecutiva in quanto “serve solo ad accertare la possibilità di un esercizio futuro dell’azione esecutiva”.

[17] Il 2929 bis rimedia alla lesione del credito (derivante da un inadempimento qualificato dalla vanificazione dell’art. 2740, c.c.) ed ha natura satisfattiva (nel senso che è diretta immediatamente alla soddisfazione dell’interesse del creditore, anche se per equivalente).

[18] I due strumenti sono alternativi: il creditore, al fine di evitare superflue (e dannose) interferenze nella sfera giuridica del terzo, deve orientarsi nella scelta dell’azione sulla base del concreto livello di capienza del patrimonio residuo del debitore (rispetto al credito di cui si chiede la tutela) al tempo in cui il creditore si attiva per agire.

Resta che se il creditore decade dalla facoltà di agire direttamente in executivis ex 2929-bis c.c. rimane pur sempre legittimato ad agire, nel quinquennio, ex art. 2901 così utilizzando un mezzo diretto di pressione psicologica sul debitore affinché esegua spontaneamente la prestazione (in considerazione della sanzione).

Le azioni, tuttavia, sono concorrenti: si può iniziare con un 2901, c.c. e, sopravvenendone i presupposti (inadempimento), continuare con un 2929-bis, c.c.

[19] In realtà il potere di disporre del debitore non è nemmeno “attenuato”, come invece ritenuto per la revocatoria da una parte della dottrina (Nicolò), in quanto la temporanea inopponibilità dell’atto al creditore del disponente è divenuta, allo stato, una caratteristica oggettiva della stessa fattispecie donativa in sé considerata. In altri termini mentre la revocatoria colpisce il debitore (qualora si ritenga che la sentenza che definisce la revocatoria sia di mero accertamento e non costitutiva), il 2929 bis, c.c. colpisce lo strumento usato dal debitore (l’atto).

[20] Nel senso di esistente al momento dell’esecuzione (non soggetto a condizione, non futuro o eventuale – contestato/litigioso -).

[21] Nel senso di determinato nel suo preciso ammontare (liquido è anche il credito il cui quantum sia ricavabile da una semplice operazione aritmetica – per es.: condanna a pagare interessi per un dato periodo o un dato numero di rate mensili del canone locatizio; generica è invece una condanna al 50% delle spese … relatio -).

La liquidità del credito, peraltro, incide sulla determinabilità dell’eventus damni.

[22] Nel senso di non soggetto a termine, a condizione sospensiva o a controprestazione.

[23] Il credito deve quindi risultare, per es., da sentenza (decreto ingiuntivo, lodo arbitrale, verbale di conciliazione giudiziale), cambiale, assegno bancario, assegno circolare, atto pubblico o scrittura privata autenticata (notai / certificazioni segretari comunali o provinciali per atti P.A.).

[24] In questa sede mi limito a segnalare che, ad oggi, è dibattuto se, nell’area applicativa della nuova norma, possano essere ricomprese le quote di partecipazione in s.r.l., visto l’art. 2470, co. 2, c.c., in quanto entità definite dalla giurisprudenza come ‘beni mobili immateriali’ sussunti nell’art. 812, ult. co., c.c.

[25] Con esclusione di quelli inalienabili o impignorabili.

[26] Già S. Pugliatti nel 1935 (Esecuzione forzata e diritto sostanziale) ha distinto tra trasferimento (in cui rileva il disponente) e successione (in cui rileva l’acquirente), ponendoli in un rapporto da species a genus.

[27] Questo è l’equivoco radicato nella definizione che si dava nell’art. 1101, c.c. del 1865 alla luce della quale l’onerosità sembrava coincidere con la corrispettività (“mediante” o “senza equivalente”).

[28] Scorrettezza metodologica di un approccio ermeneutico condotto su un piano meramente letterale (“in claris non fit interpretatio”), come dimostrato anche dal co. 3 del medesimo 2929-bis la cui lettera dovrebbe limitare l’opposizione ai soli “vincoli” destinatori (con inspiegabile esclusione delle alienazioni gratuite, che vincoli non creano).

[29] Groviglio di interessi personali e patrimoniali tra loro difficilmente distinguibili (prestazioni in funzione solutoria di obblighi di mantenimento, attribuzioni liberali, datio in solutum, novazioni, ecc.). La giurisprudenza (forse per i pregiudizi storici che ancòra contaminano la materia – mi riferisco alla indissolubilità del vincolo nuziale e al divieto di donazioni tra coniugi -) fatica a qualificare causalmente queste attribuzioni patrimoniali e si richiama ad una atipica causa familiae capace di giustificare, nel suo complesso, l’operazione in esame.

[30] Per potersi affermare che la norma non sia di carattere eccezionale dovrebbe sostenersi che esiste, in favore del creditore, un diritto di ‘pegno generale’ sui beni del debitore oppure, con espressione meramente descrittiva, che si è in presenza di “una efficacia potenziata dell’azione esecutiva” ex 2929 bis, c.c. nè può dirsi (come la dottrina ha tentato di fare per la revocatoria contro gli atti onerosi) che il terzo è esposto a conseguenze dannose in conseguenza di un proprio comportamento illegittimo (in ispecie il contegno del terzo acquirente a titolo gratuito è, infatti, irrilevante).

[31] Una interpretazione meramente letterale (linguistica o filologica) che ritenga la norma applicabile a tutti gli atti (traslativi) a titolo gratuito in senso ampio valorizzerebbe il solo momento logico (formale) della disposizione (aspetto statico), che risulterebbe così trattata alla stregua di una astratta formula verbale fine a se stessa (ossia con funzione meramente conoscitiva).

Tuttavia l’interpretazione deve valorizzare soprattutto l’essenziale momento teleologico e sistematico della norma (aspetto dinamico) che ne illuminano la portata precettiva, dovendosi tenere conto (per il canone della totalità) delle altre norme, dei principi generali e delle ripercussioni sociali che discendono da un dato risultato interpretativo (Betti): pertanto quale risultato dell’attività ermeneutica della norma, che ne individua la ratio iuris, può derivare anche un effetto (vis precettiva) nuovo e diverso da quello che gli autori della legge avevano pensato.

Mette magistralmente in luce quanto sia radicato il pregiudizio in favore di una interpretazione solo letterale e la conseguente unilateralità del(l’insufficiente) metodo ermeneutico impiegato: Betti (id., op. cit., 278, 280 e 281 in nota 60).

Se a queste conclusioni si perviene in base ad una valutazione di ‘congruenza sistematica’ (argomento giuridico), lo stesso avviene in base ad una valutazione di ‘adeguatezza sociale’ (argomento pratico): la norma, infatti, è strumento pratico destinato a garantire ordine alla convivenza sociale (E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1971, 267).

Ne discende, al fine di riconoscere alla norma anche il senso socialmente più accettabile (in termini di ragionevolezza delle sue conseguenze immediate), la necessità di un intervento pratico di riduzione della disposizione in esame, la cui lettera, d’altronde, ha valore meramente orientativo (L. Mengoni, L’argomentazione orientata alle conseguenze, in Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, 93 e 94).

[32] Così anche parte della dottrina notarile (R. Franco).

Per i problemi di gratuità od onerosità che possono implicare la donazioni modali: è previsto l’apposito strumento dell’opposizione.

Invero il terzo acquirente è soggetto all’azione esecutiva del creditore per una ragione oggettiva, ossia perché la donazione non è dal primo opponibile ai creditori del dante causa per il periodo di un anno dalla sua trascrizione.

[33] Si consideri, seppur con valore meramente indicativo, che anche la relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione parla di applicabilità del 2929-bis a determinati “tipi” di atti.

Altrimenti stabilire quale sia il discrimen sarebbe difficilissimo.

Si potrebbe anche pensare ad una posizione intermedia che, facendo leva sul (discutibile) criterio della ‘ragione più liquida’, consenta di applicare il 2929-bis (non a tutti gli atti gratuiti o alle sole donazioni formali ma):

solo ai casi in cui la gratuità è “documentale” (senza possibilità di ricostruirla con ‘perizie sui valori’) dovendosi, in caso contrario, chiudere l’esecuzione in rito (Trib. Brescia, 10.12.2015) – conformi: Grasso e Astuni -;

critica: in questo modo si finisce per creare una qual sorta di ‘terza categoria’ dell’attribuzione patrimoniale rappresentata (oltre che da quella onerosa e gratuita) dalla attribuzione “manifestamente” o “dichiaratamente gratuita”; la tesi può dirsi accettabile, e valere ad escludere l’applicazione dell’art. 2929 bis, c.c., solo se l’evidenza “documentale” è intesa nel senso di dar conto della ricorrenza di un negozio unilaterale gratuito (posto in essere dal debitore, per es., ex art. 1333, c.c.).

In caso di donazione modale (potenzialmente onerosa) l’atto è aggredibile ex 2929-bis e la questione della possibile gratuità (la cui prova incombe sul creditore) è rinviata all’eventuale sede dell’opposizione.

[34] Al di là di qualsiasi valutazione dei connessi aspetti fiscali, sicuramente rilevanti nell’orientare la scelta delle iniziative pratiche dei consociati.

[35] Credo che la norma richieda il titolo esecutivo a tutti coloro che la sfruttano, ad ogni possibile livello (perché il 2929-bis prevede un intervento ‘speciale’ rispetto a quello generale dell’art. 499, c.p.c.).

[36] Ricordiamoci che, per Giorgianni, l’art. 2740, c.c. (ossia la responsabilità patrimoniale del debitore) entra in funzione proprio sul presupposto dell’inadempimento.

[37] Il 2901, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale a tutela preventiva del credito, prescinde dall’inadempimento del debitore, a fronte di un mero ‘pericolo di danno’, è diretto ad evitarlo.

[38] Il carattere “cautelare” della (meno invasiva) azione pauliana consente di poter ricomprendere nel concetto di “pregiudizio” anche un semplice programma negoziale, se e quando potenzialmente lesivo della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740, c.c. (l’azione revocatoria non presuppone un inadempimento del debitore, ma semplicemente il rischio di inadempimento).

[39] Nelle donazioni modali, quand’anche onerose, l’inadempimento del modus, per lo meno fintanto che si rimane nell’area della donazione diretta, non importa risoluzione dell’attribuzione liberale (pregiudizievole per il creditore).

[40] Nel patrimonio del debitore non entra una controprestazione che possa dirsi più facilmente deteriorabile o consumabile o distraibile/occultabile o più difficilmente aggredibile in sede esecutiva o vendibile in via giudiziale.

[41] Oppure potrà fare una revocatoria (ma ci sta perché, a fronte di un “non inadempimento”, il terzo proprietario viene aggredito in maniera assai più blanda).

[42] Peraltro è possibile che il pregiudizio si produca anche a carico del creditore già garantito da ipoteca se l’atto di disposizione riguarda un bene diverso da quello oggetto di garanzia (in quanto la sola ipoteca potrebbe non essere sufficiente per la soddisfazione coattiva del creditore).

[43] Sul tema si rinvia alla voce “Presunzione (dir. priv.)” destinata dal Prof. Palazzo, nel 1986 ad un volume dell’E.D., con cui si evidenzia l’effetto di “preclusione relativa” che la legge prevede in favore del “soggetto debole”.

[44] A me pare che si confonda il problema pratico risolto dalla legge (ratio legis), neutralizzare una pratica abusiva adottata di recente dal debitore, con lo strumento tecnico utilizzato dal legislatore per raggiungere lo scopo (che in realtà è la ‘inopponibilità temporanea’ delle donazioni per un anno dalla relativa trascrizione).

[45] Si consideri che l’inversione dell’onere probatorio che si riscontra in tema di revocatoria ordinaria (art. 2901, c.c.) è frutto di una cd. “presunzione giurisprudenziale”, illegittima (contra legem) per violazione dell’art. 2697, co. 1, c.c.

[46] La cui proposizione non sospende l’esecuzione (art. 624, c.p.c.) e il cui accoglimento determina l’estinzione del processo esecutivo (art. 632, c.p.c.).

Non è di lieve momento ricordare che il terzo beneficiario dell’atto di destinazione di beni allo scopo può opporsi, al pignoramento trascritto dal creditore del disponente, a norma dell’art. 619, c.p.c.

[47] Del resto anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere della prova grava pur sempre, secondo le regole sostanziali, a carico del convenuto opposto.

Nell’art. 2054, c.c. e nell’art. 1142, c.c., per esempio, si ha una presunzione legale iuris tantum che determina una inversione dell’onere della prova.

[48] Che si applica anche all’azione pauliana, nella quale il creditore deve somministrare la prova delle proprie ragioni (art. 2697, co. 1, c.c.): a) l’esistenza del credito; b) l’atto dispositivo; c) il danno; d) l’intento fraudolento del debitore.

[49] Più che di conoscenza dovrebbe parlarsi di “consapevolezza” nel debitore della idoneità del proprio atto ad incidere negativamente sull’oggetto della garanzia patrimoniale rispetto al dato creditore.

La norma non è applicabile nel caso in cui sia riscontrabile nel debitore solo una “agevole conoscibilità” del pregiudizio (come invece accade in sede revocatoria almeno sin da Cass. civ. Sez. III, 01/06/2000, n. 7262) in quanto affermazione che (richiamando una violazione di non meglio precisati doveri di diligenza) aprirebbe pericolosamente all’idea del 2929 bis come sanzione ad un illecito civile [invero l’interesse del creditore alla conservazione della garanzia generica non assurge a diritto soggettivo (cui dovrebbe corrispondere, nel debitore, un obbligo a mantenere nel proprio patrimonio beni sufficienti ad assicurare che, in caso di inadempimento, il creditore possa ottenere coattivamente l’equivalente pecuniario della prestazione) ma implica una posizione di “interesse legittimo” (Gentile)].

Pertanto non basta la colpa nel debitore ma è necessario che ricorra il ‘dolo’, pur se generico [consapevolezza o previsione del pregiudizio – mala fede intesa non come “intenzione (di ingannare o di danneggiare) che qualifica una attività”, ma come “stato di coscienza di una situazione antigiuridica” -].

Certo la differenza con la semplice conoscibilità sfuma se si considera che la conoscenza effettiva può essere provata anche in via presuntiva considerando il grado di prevedibilità del risultato dell’atto nelle circostanze in cui è stato compiuto. Ma è necessario vedere com’è scritta la motivazione della sentenza: il giudice (che deve sempre ricercare l’effettiva conoscenza) opera correttamente se scrive che, data la situazione, non è possibile ritenere che il debitore non fosse stato consapevole del pregiudizio; la sentenza sarebbe invece censurabile qualora affermasse che, siccome il pregiudizio era prevedibile, il debitore ha errato nel non prevederlo.

[50] Nella norma non esiste una “presunzione di frode” (art. 2727, c.c.) in quanto il co. 3 richiede all’opponente la sola “contestazione” della mancata conoscenza effettiva del pregiudizio (si ha quindi mero onere di negare i fatti costitutivi dell’altrui diritto).

[51] Non l’art. 2902, co. 2, c.c. (in base al quale il terzo, parimenti al suo creditore, può concorrere sul ricavato della vendita solo dopo che il creditore revocante è stato soddisfatto): infatti tale norma, che postergherebbe sempre e comunque i creditori del donatario, trova la sua giustificazione nello specifico fatto che la “inefficacia” dell’atto di disposizione deriva da una sentenza (passata in giudicato). Né si può richiamare l’art. 2652, co. 1, n. 5), c.c. se il creditore del donatario pignora per primo (perché la norma tutela gli acquisti onerosi).

[52] Nel senso che se il creditore pignorante del donatario trascrive il vincolo (al pari dell’acquirente previsto dall’art. 2915, co. 2, c.c.) prima del pignoramento del creditore del donante, il primo (insieme agli intervenienti appartenenti al medesimo lato) è preferito a quest’ultimo.

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