Azione esecutiva sui beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito (art. 2929-bis), in Contratto e impresa, I, 2018

Sommario: 1. La fattispecie. – 2. La nuova legge nel sistema del diritto civile e processuale. Vincoli di indisponibilità e destinazioni patrimoniali. – 3. La natura della nuova disposizione. – 4. I rapporti con l’azione revocatoria ordinaria. La ratio dell’art. 2929-bis, c.c. – 5. Gli atti “a titolo gratuito”: problemi, delimitazione e casistica. – 6. Il pregiudizio (eventus damni). – 7. L’onere della prova e la scientia damni. – 8. L’intervento nell’esecuzione. Il conflitto tra creditori chirografari del disponente e dell’avente causa. – 9. La trascrizione e i terzi sub-acquirenti.

  1. – L’art. 2929-bis, c.c. introduce [1] nell’ordinamento giuridico una nuova regola [2]: il creditore che, munito di titolo esecutivo, ritiene di essere stato pregiudicato dal compimento, da parte del debitore, di un atto “gratuito” ad effetti reali può pignorare direttamente il bene anche presso il terzo, senza dover prima proporre l’azione revocatoria di cui all’art. 2901, c.c., purché entro un anno dalla trascrizione dell’atto lesivo della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.) [3].

È d’uopo in apertura evidenziare che, con riguardo alla richiamata scadenza annuale, si è in presenza di un termine breve di decadenza [4] (al quale pertanto non sono applicabili, a mente dell’art. 2964 c.c., le cause di sospensione ed interruzione proprie della prescrizione estintiva), non soggetto al periodo di sospensione feriale (non rappresentando l’azione in esame l’unico rimedio previsto in astratto per la tutela del diritto che si assume leso) [5], e che, rispetto alla posizione occupata dal terzo acquirente, si delinea una particolare ipotesi (non tanto di “responsabilità senza debito” quanto) di “responsabilità per debito altrui” [6], che scatta in conseguenza di un acquisto “a titolo gratuito” (senza una “sentenza contro” in regiudicata [7] e senza un diritto di seguito del creditore) [8].

La nuova disposizione di legge impone allo studioso di appuntare l’attenzione sul fondamentale valore rappresentato, giuridicamente, dal “bene” circolazione.

Tale fenomeno è stato oggetto di puntuale analisi da parte di autorevole dottrina la quale ha esattamente evidenziato come esso risponda ad esigenze di pubblico interesse, con riguardo alla certezza dei rapporti giuridici, e rappresenti «una delle condizioni elementari per la vita della società» [9].

Tutto l’impianto teorico, ancora oggi attuale, si fonda su tre elementi portanti: la libertà nella disposizione dei diritti; l’evidenza della vicenda circolatoria, mediante indici esterni di riconoscibilità ultra partes; la sicurezza di godimento del bene acquistato. Ebbene è proprio tal ultimo aspetto che rischia di essere compromesso dalla nuova disposizione qualora l’art. 2929 bis, c.c. venga interpretato con leggerezza, mettendosi così in crisi l’efficienza stessa dell’atto dispositivo [10].

  1. – L’art. 2929-bis c.c. appare immediatamente all’osservatore norma singolare, già dalla considerazione del dato strutturale: sotto il profilo toponomastico, infatti, la novella viene innestata nel libro VI del codice civile, in àmbito di tutela giurisdizionale dei diritti, e crea essa stessa una nuova e autonoma sezione, la “I bis”, in materia di espropriazione forzata.

La disposizione deroga sotto molteplici aspetti al vigente ordinamento giuridico, e in particolare: alle ordinarie regole in tema di pignoramento: l’art. 2914, n. 1) [11], c.c. (nella parte in cui il pignoramento diviene opponibile alle alienazioni trascritte precedentemente) e l’art. 2915, comma 1, c.c. (nella parte in cui il pignoramento risulta opponibile ai “vincoli di indisponibilità” trascritti anteriormente); alle regole di opponibilità previste, per taluni diritti reali minori [12], dall’art. 2812 [13], comma 1, c.c. (nella parte in cui il pignoramento è opponibile ai diritti di servitù, usufrutto, uso e abitazione trascritti anteriormente sulla medesima res); alla disciplina del fondo patrimoniale (art. 167 c.c.): per diritto vivente [14] l’opponibilità deriva, non dalla trascrizione (come previsto dalla lettera dell’art. 2929-bis c.c.), ma dall’annotamento a margine dell’atto di matrimonio [15]; ai principi vigenti in tema di azione esecutiva [16]: il creditore, difatti, può oggi espropriare un bene immobile “presso il terzo proprietario” (per il solo fatto della natura “gratuita” dell’acquisto da parte di quest’ultimo), prescindendo totalmente dall’accertamento delle particolari condizioni richieste dall’art. 2910, comma 2, c.c. che viene attuato, sul piano processuale, dall’art. 602 c.p.c. [17].

La norma – che incide sul fenomeno della circolazione perché, in sostanza, il creditore può agire contro il terzo come se quest’ultimo fosse il debitore – pare diretta a colpire, più che le donazioni (già particolarmente instabili per le interferenze e le contiguità con il regime successorio) [18], i trust interni [19] e i vincoli di destinazione di beni allo scopo [20], spesso usati dai consociati con finalità elusive [21].

Sovente infatti gli atti destinatori, che separano un pezzo di patrimonio speciale da quello generale in titolarità del medesimo soggetto, sono concretamente compiuti dai privati non per il perseguimento di finalità lecite e meritevoli di tutela (non capricciose né futili) ma per realizzare la sola vicenda separatoria in pregiudizio dei creditori del disponente (questo solo, e non altro, il programma vietato dall’art. 2740 c.c.) [22].

Invero la norma fa espresso riferimento agli atti costitutivi di “vincolo di indisponibilità” nella quale categoria illustre dottrina ritiene non siano compresi i fenomeni di separazione patrimoniale sopra individuati [23]. Per esempio, in caso di vincolo autodichiarato su cosa madre con temporanea destinazione delle rendite in favore del beneficiario viene evidenziato che il bene principale, lungi dall’essere sottratto alla garanzia dei creditori del disponente, resta assoggettabile, per tutto il tempo di durata della destinazione, alle loro azioni conservative (tra le quali l’azione revocatoria, in vista di un’eventuale esecuzione al venir meno della destinazione stessa).

Da ciò conseguirebbe che l’art. 2645-ter, c.c. non rende il bene effettivamente “indisponibile”, come invece dovrebbe affermarsi qualora la res venisse sottratta alla garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740, c.c. [24].

Nonostante quanto appena segnalato, la dottrina prevalente, con la quale si conviene, è nel senso che il concetto di “vincolo di indisponibilità” comprenda, oltre ai vincoli di inalienabilità dei diritti, anche quelli di destinazione di singole parti di patrimonio [25].

Inoltre, sfruttando il rilievo per cui la lettera dell’art. 2929-bis, c.c. non distingue tra differenti finalità destinatorie, si è anche affermato, sul presupposto per cui il debitore non può fare beneficienza con i beni dei suoi creditori [26], che la norma si applichi anche ai vincoli di destinazione caratterizzati da una funzione altruistica, benefica o filantropica (come, ad es., avviene per il “contratto di affidamento fiduciario”, istituto di matrice assistenziale introdotto dalla l. n. 112 del 22/06/2016).

È tuttavia possibile opporre in contrario che, nel sistema giuridico moderno, la tutela del credito (lungi dall’essere un valore assoluto da realizzare ad ogni costo) si attua (non sulla sola base della considerazione del carattere oneroso o gratuito della prestazione che potrebbe ledere l’altrui diritto relativo ma) in esito al bilanciamento dei contrapposti interessi che vengono concretamente in gioco.

In quest’ottica, la tutela del credito non può che cedere il passo di fronte a reali interessi di superiore rango costituzionale, che non possono essere cancellati dall’art. 2929-bis c.c. [27].

Quanto a dire che, di fronte ad atti di disposizioni concretamente compiuti da un dato soggetto per soddisfare interessi fondamentali e primari delle persone (per es.: il diritto alla salute, tutelato ex art. 32, comma 1, Cost.), la tutela del credito, per motivi di civiltà giuridica (ex art. 2, Cost.) prima che di etica individuale (carente nei più), dev’essere posposta.

  1. – Il problema relativo al carattere, sostanziale o processuale, dell’art. 2929- bis c.c. è stato affrontato ex professo quando l’operatore giuridico ha rivolto l’indagine all’esame di quali potessero essere le fattispecie temporalmente rientranti nell’àmbito applicativo della nuova disposizione.

Si è in presenza di una norma cd. “catenaccio”, entrata cioè in vigore con decorrenza dal 27 giugno 2015.

Più che quanto previsto dall’art. 23, comma 6 del d.l. n. 83 del 2015 (alla cui stregua: «L’art. 2929-bis si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto») [28], rileva valutare se l’art. 2929-bis c.c. sia applicabile anche alle donazioni trascritte prima del 27 giugno 2015, come pure affermato da una decisione di merito [29].

Invero si ritiene che la nuova norma non possa travolgere le donazioni anteriori in quanto si è in presenza di una disposizione di natura prevalentemente sostanziale [30], che determina la alterazione del precedente regime di opponibilità dell’atto “gratuito” [31].

Infatti la disposizione in esame – consentendo al creditore qualificato di risolvere, pur se a mezzo di pignoramento, l’opponibilità dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore che lo avrebbe altrimenti pregiudicato – influisce chiaramente nella dimensione sostanziale delle fattispecie suscettibili di pubblicità dichiarativa, incidendo sulle tradizionali ed ordinarie regole del più rilevante degli indici di opponibilità della circolazione della ricchezza: quello immobiliare.

Assai difficile pertanto, ad una attenta e completa disamina degli effetti della nuova norma, condividere quell’orientamento che afferma la natura processuale della disposizione de qua, attribuendole efficacia retroattiva in spregio all’art. 11, comma 1, disp. prel., c.c.

  1. – Sul tema della relazione tra azione pauliana e pignoramento ex art. 2929-bis c.c., si rinvengono, in dottrina, le opinioni più disparate di chi afferma che l’art. 2929-bis c.c. prevede tout court una “mera alternativa” all’azione revocatoria [32] e di chi invece afferma che il creditore, cui spetta la scelta dello strumento da esperire, optando per agire in revocatoria invece che disporre dell’art. 2929-bis c.c., compirebbe addirittura un abuso processuale sanzionabile ex art. 96, comma 3, c.p.c. [33].

Invero i due strumenti a confronto rispondono a differenti funzioni [34], disponendosi tra loro in un rapporto di reciproca autonomia [35].

La revocatoria è strumento deputato alla conservazione della garanzia del credito quando questa è messa in pericolo (art. 2740, c.c.) [36] mentre l’art. 2929-bis c.c. assolve ad una funzione esecutiva nel consentire la concretizzazione della garanzia patrimoniale quando l’inadempimento risulterebbe altrimenti oggettivamente inevitabile [37].

Sarebbe pertanto operazione metodologicamente scorretta sovrapporre in modo meccanico, all’art. 2929-bis c.c., l’esperienza maturata giudizialmente in tema di revocatoria [38].

La ratio della nuova norma, pertanto, è quella di rafforzare processualmente la posizione del creditore, e il legislatore realizza questo scopo attraverso tre prescrizioni: esonera il creditore dal dover previamente agire per fare accertare l’inefficacia dell’atto dispositivo del debitore; dà al creditore un’azione immediatamente esecutiva (anche contro il terzo proprietario); prevede una inversione della iniziativa processuale (in sede di opposizione).

L’art. 2929-bis, c.c., or dunque, lungi dall’integrare un caso di «inefficacia temporanea ex lege» [39], prevede una forma di inopponibilità relativamente ai soli atti previsti dalla norma [40].

Atti che sono presi in considerazione dalla nuova disposizione come fattispecie (e quindi per il rilievo strutturale dell’atto) e non come autoregolamento di interessi (ossia per la valenza funzionale del negozio, come invece avviene in ambito di revocatoria ex art. 2901, c.c.) [41].

  1. – Presupposto dell’azione de qua è la ricorrenza di un credito che, in àmbito di esecuzione forzata, dev’essere certo [42], liquido [43] ed esigibile [44] (art. 474, c.p.c.).

Il credito può avere fonte negoziale, legale (aquiliana) o giudiziale e dev’essere anteriore rispetto all’atto di disposizione lesivo (la nuova norma non richiede la data certa di cui all’art. 2704 c.c.).

Infine il creditore dev’essere munito di titolo esecutivo, che può formarsi anche dopo il compimento dell’atto di disposizione del debitore (per es.: decreto ingiuntivo) [45].

La reale vicenda “sospetta” è la “alienazione” posta in essere a titolo “gratuito” che abbia ad oggetto “beni immobili” o “mobili registrati” [46].

Intanto, per sgombrare il campo da qualsiasi possibile fraintendimento, si chiarisce sùbito che sono interessati solo gli atti inter vivos di carattere patrimoniale [47] (infatti nelle successioni, anche a volersi prescindere dalla inefficacia dell’atto prima del decesso del disponente e comunque dalla mancanza di una alienazione [48], i creditori del de cuius hanno altri strumenti di tutela: la responsabilità dell’erede e l’art. 512, c.c.).

Il richiamo letterale dell’art. 2929-bis c.c. alla “gratuità” può essere foriero di gravi equivoci [49] ove lo si riferisca non al titolo (il tipo donazione) ma all’affare (la causa in concreto dell’atto), per l’incertezza che ne deriverebbe, quanto alla sua applicabilità, ad un numero indefinibile di situazioni limite che, invero, si ritengono escluse dall’art. 2929-bis c.c.

La norma, infatti, fa riferimento alla tipologia di atto (liberale o corrispettivo) e non alla caratteristica della prestazione [50] (la cui considerazione è utile per integrare la disciplina dell’atto [51] ma non per identificarlo sul piano funzionale) [52].

Ebbene, certamente è escluso dal campo applicativo della disposizione in esame il complesso fenomeno rappresentato delle liberalità indirette ex art. 809, c.c. (in quanto espressione di un effetto economico mediato e non dell’effetto giuridico immediato preso in considerazione dall’art. 2929-bis c.c.), potenzialmente ravvisabili, ad esempio, nel rapporto di provvista sotteso all’art. 1180 c.c. (dove, tra l’altro, dalle tasche del terzo non esce l’immobile – e non c’è una alienazione – ma il denaro – e c’è un pagamento –: nell’art. 2929-bis, c.c. si deve guardare non a cosa arricchisce il destinatario ma rileva di che cosa si impoverisce il disponente) ovvero nell’area dell’art. 1411 c.c. (caso in cui l’art. 2929-bis, c.c. non è applicabile in quanto la trascrizione del trasferimento in favore del terzo non verrebbe presa contro il debitore-stipulante ma contro l’estraneo promittente).

Più discussa è la sorte, a titolo esemplificativo, delle seguenti fattispecie: la c.d. vendita gratuita (non tanto quella, paradossale, effettuata “nummo uno” quanto quella, più realistica, avvenuta a prezzo vile – negotium mixtum cum donatione – : il rischio è che l’acquirente subisca un’esecuzione di un estraneo per il solo fatto che un creditore dell’alienante non abbia ritenuto congruo il prezzo pagato dal terzo proprietario); per parte della dottrina notarile [53] l’art. 2929-bis, c.c. si applicherebbe al caso in esame (con l’ulteriore conseguenza di offrire nuovi argomenti ai sostenitori del cd. “contratto giusto”) [54]; i trasferimenti posti in essere in sede di separazione e divorzio [55]; per dare la corretta rappresentazione della difficoltà ermeneutica che si incontra nell’individuare il profilo oneroso o gratuito dell’operazione si richiama una recente pronuncia: Cass. 10 aprile 2013, n. 8678 la quale afferma che tali attribuzioni «rispondono ad in intento di sistemazione dei rapporti economici della coppia” che è solo socialmente tipico (no donazione né vendita) e possono “colorarsi dei tratti propri dell’onerosità o della gratuità a seconda che l’attribuzione trovi o meno giustificazione nel dovere di compensare e/o ripagare l’altro coniuge del compimento di una serie di atti a contenuto patrimoniale, anche solo riflesso, da questi posti in essere nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale»; la cd. obbligazione naturale (art. 2034, c.c.) – che non è una “obbligazione imperfetta” o un’ipotesi di “debito senza responsabilità” ma una autonoma giusta causa dell’attribuzione patrimoniale [56], ulteriore rispetto alla vendita e alla donazione –; per una parte della dottrina [57]: l’atto rientra nell’art. 2929-bis, c.c. se la disposizione non è “proporzionata” rispetto al patrimonio dell’alienante.

È dunque evidente la necessità di chiarire l’esatta portata precettiva della norma attraverso una rigorosa interpretazione restrittiva [58], conseguente alla adozione di un criterio ermeneutico non meramente letterale (che riveste un valore solo orientativo) [59] ma, in ossequio al canone della totalità, teleologico [60] e di sistema (tenendosi quindi conto della eccezionalità [61] dell’art. 2929-bis, c.c. per le deroghe agli artt. 2914, n. 1) e 2910, comma 2, c.c. nonché all’art. 602 c.p.c.) [62].

Di conseguenza l’art. 2929 bis c.c. può applicarsi alle sole donazioni formali [63] (art. 769 c.c.)[64], oltre, naturalmente, agli atti destinatori, traslativi o auto-dichiarati, di cui all’art. 2645-ter c.c.

Quindi la norma pare oggi assolvere ad una funzione più che altro preventiva, valendo a disincentivare e dissuadere la conclusione di atti che possano giudicarsi pregiudizievoli alle ragioni del creditore. E tuttavia la stessa disposizione rappresenta, sul piano empirico, una importante affermazione di fiducia del legislatore verso il giudice dell’esecuzione. Si chiede perciò ai giudicanti la massima severità nell’assolvimento di una necessaria funzione di “filtro”: mediante l’inibitoria (art. 624, c.p.c. per le iniziative “non manifestamente fondate”) e mediante l’art. 96, c.p.c. (per sanzionare l’avvocato spregiudicato o improvvido) [65].

Infine si segnala che il modo per evitare al disponente di subire un’esecuzione a norma dell’art. 2929-bis, c.c. è offerto dalla possibilità di porre in essere: una vendita seguita da una rinuncia al credito da prezzo [66] (va da sé che la rinuncia non è alienazione ed è atto di disposizione in grado di determinare, quale effetto indiretto, una liberalità non donativa); ovvero: una vendita simulata, che dissimula una donazione (in quanto l’apposita azione tipicamente prevista dall’ordinamento contro l’accertamento dell’apparenza del diritto è consegnata dal legislatore agli artt. 1414 ss. c.c.) [67].

  1. – La corretta applicazione della norma passa attraverso l’esatta delimitazione di due concetti chiave sui quali si fonda tutto l’art. 2929-bis, c.c.: il concetto di “gratuità” dell’atto posto in essere dal debitore e il concetto di “pregiudizio” patito dal creditore.

Certamente l’atto dev’essere causa di pregiudizio.

Il pregiudizio, essendosi in presenza di una norma sull’esecuzione forzata, presuppone un inadempimento del debitore (indispensabile per potersi attivare il 2740 c.c.) [68] che non si esaurisce nella mancata esecuzione della prestazione dovuta (ex art. 1218 c.c.) ma che si caratterizza per aver reso senz’altro impossibile il soddisfacimento coattivo dell’interesse del creditore. Perciò, sebbene la questione risulti generalmente trascurata [69], il pregiudizio in esame pare non essere lo stesso dell’azione pauliana [70] (mera diminuzione della garanzia generica), e la relativa area di operatività sembra essere più ristretta, richiedendosi in particolare la esclusione della garanzia generica (quale oggettiva inidoneità del patrimonio residuo del debitore a soddisfare il singolo credito particolare) [71]: il rimedio, or dunque, è ad una lesione definitiva (non è richiesta finanche una «totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore» in quanto si deve guardare alla corrispondenza immediata tra patrimonio del debitore e misura del credito) e tende a rimuovere il danno assicurando la fruttuosità della esecuzione forzata.

Del resto solo tale oggettiva impossibilità di ricevere dal patrimonio del debitore la soddisfazione del proprio interesse, in conseguenza di un atto dispositivo compiuto gratuitamente da parte di quest’ultimo, può legittimare (non a caso entro il breve termine decadenziale di un anno) un creditore ad invadere (addirittura in via esecutiva) la sfera giuridica di un terzo totalmente estraneo (anche sul piano cognitivo) al rapporto obbligatorio per cui si agisce (extrema ratio) [72].

Nemmeno è sufficiente, come invece lo è per la revocatoria, una “più incerta o difficile” soddisfazione del credito: non rileva il peggioramento qualitativo del patrimonio del debitore (intanto perché il disponente non riceve nulla in cambio [73] e non può esserci una valutazione comparativa tra differenti sostanze patrimoniali prima e il dopo l’atto di disposizione) [74].

Si ponga mente al seguente esempio. Un debitore di 100 ha in patrimonio beni per 200: 1 bene da 100 a Milano e 5 da 20 sparsi in tutt’Italia; dona il bene da 100: il creditore, pur essendo onerato di organizzare una più complessa fase esecutiva, potrà solo agire contro il debitore sul patrimonio residuo [75].

Or dunque, ai fini della nuova disposizione di legge, rileva solo il pregiudizio quantitativo [76], effettivo (non solo potenziale) [77] ed attuale (l’esistenza del pregiudizio dev’essere verificata al tempo dell’atto di disposizione e al tempo del pignoramento, con irrilevanza delle successive vicende patrimoniali del debitore).

  1. – Del tutto indispensabile è fornire, ora su un piano strettamente processuale, l’esatta linea di demarcazione che intercorre tra lo speciale schema del «fatto costitutivo presunto e del fatto impeditivo da dimostrare» (la presunzione di cui all’art. 2728, comma 1, c.c.) e quello ordinario della «dimostrazione del fatto costitutivo della ragione allegata» (l’onere della prova di cui all’art. 2697, comma 1, c.c.).

È dato leggere, tra i vari commenti sinora pubblicati sulla disposizione in esame, che la nuova norma, prevedendo una presunzione legale semplice [78], determina una inversione dell’onere della prova a carico del debitore (favor legis per il creditore che beneficerebbe della relevatio ab onere probandi) [79].

In realtà l’art. 2929-bis, c.c. non prevede alcuna presunzione legale iuris tantum [80].

L’art. 2697, c.c., nel distribuire l’onere della prova tra le parti litiganti in funzione del processo, non parla, in senso formale, di “attore” e “convenuto” ma si riferisce, in termini sostanziali, a «chi fa valere un diritto» [l’onere della prova nella sostanza resta immutato perché chi può far valere in giudizio un diritto è sempre e solo il creditore, sia nella revocatoria [81] sia nell’art. 2929-bis c.c.].

Invero l’art. 2929-bis si limita a disporre una semplice inversione dell’iniziativa processuale, onerandone il debitore, il quale può fare opposizione (artt. 615, c.p.c.) [82] e costituirsi in giudizio limitandosi ad affermare: “non è vero” (che il creditore abbia subìto il pregiudizio a me noto) [83]. La disposizione prevede pertanto una mera ipotesi di provocazione ad probandum [84]. E siccome è il creditore che sta facendo valere un diritto, su quest’ultimo continuerà a gravare l’onere della prova a norma dell’art. 2697, comma 1, c.c. [85].

Pertanto il creditore, instaurata l’opposizione da parte del debitore [86], dovrà riuscire a dimostrare: sul piano oggettivo: l’esistenza del pregiudizio (ex art. 2929-bis, comma 1, c.c.); sul piano soggettivo: la relativa conoscenza (effettiva) [87] da parte del debitore (ex art. 2929-bis, comma 3, c.c.) [88], ossia della c.d. scientia damni [89] (e, sotto questo aspetto, forse più semplice potrà essere la prova per i crediti di fonte contrattuale) [90]. Del resto ad argomentare diversamente dovrebbe concludersi nel senso che il debitore subisce l’esecuzione, è onerato di instaurare l’opposizione e deve anche fornire la prova che il creditore ha torto. Per di più, in caso di debito contrattuale, il tema della prova assegnatagli per legge risulterebbe spesse volte diabolico (un debitore, mediamente sano di mente, ha consapevolezza dei suoi debiti e della consistenza del suo patrimonio e quindi il debitore potrebbe provare la mancata conoscenza del pregiudizio solo quando questo non si è verificato).

  1. – In ordine all’intervento dei “creditori anteriori”, previsto dalla norma (e fondato sull’art. 2741, c.c.), si osserva in breve quanto segue.

I creditori del donante [91], solo se a loro volta (anteriori e) muniti di titolo esecutivo [92] (anche successivo al pignoramento), possono intervenire [93] anche nell’esecuzione instaurata da uno di essi verso il terzo proprietario (l’art. 604, c.p.c., infatti, consente l’applicazione dell’intervento previsto in generale verso il debitore dall’art. 499, c.p.c.) [94]. Tuttavia, è opportuno precisare, i creditori del donante non si ritiene possano intervenire nella espropriazione iniziata dai creditori del donatario (terzo proprietario). Pertanto non si aderisce all’opinione, causa di notevoli equivoci, per cui sarebbero ammessi, in quanto “postergati” alla soddisfazione del creditore procedente, gli interventi sprovvisti di titolo esecutivo o ad opera di soggetti appartenenti al ceto creditorio opposto a quello del creditore procedente.

Con riguardo al conflitto tra creditori chirografari del donante e del donatario, l’art. 2929-bis c.c. tace.

Per parte della dottrina notarile si applicano, per una supposta (e non riscontrata) analogia, le norme in tema di simulazione (art. 1416, comma 2, c.c.) [95]. Ebbene logica dovrebbe imporre di affermare che prevalga il creditore del disponente, altrimenti la portata della norma ne risulterebbe assai affievolita (salvo che il creditore del donatario abbia iniziato prima l’esecuzione). Certamente, come già segnalato, l’intervento può avere senso solo se indirizzato contro il (comune) debitore (comune, s’intende, con il soggetto espropriante), non potendo essere praticabile un intervento contro un soggetto terzo (non debitore dell’interveniente) [96].

Preferibile pare l’opinione che [97] ritiene al conflitto applicabile [98] il criterio cronologico previsto dall’art. 2915, comma 2, c.c. (nella sostanza equiparandosi il creditore pignorante all’avente causa dall’esecutato) [99].

  1. – In conclusione, con l’introduzione dell’art. 2929-bis c.c., si può ritenere che la trascrizione delle donazioni dirette (liberalità donative ex artt. 769 ss. c.c.): è divenuta, ai fini della costituzione dell’effetto dichiarativo, una “fattispecie complessa a formazione successiva” per cui l’opponibilità dell’atto deriva dalla combinazione di più elementi (trascrizione e decorso di un anno senza pignoramento); oppure, ma secondo una ricostruzione meno convincente, si può ritenere che la pubblicità delle donazioni è fattispecie (immediatamente completa quoad effectum sebbene) assoggettata, in conseguenza dell’eventuale pignoramento, ad una (automatica) condicio iuris risolutiva della opponibilità del titolo trascritto [100].

Il tema della stabilità della posizione occupata dagli eventuali terzi sub acquirenti non era stato espressamente affrontato dal legislatore nella versione originaria dell’art. 2929-bis c.c. e le tesi che in proposito si contendevano il campo erano due: l’applicabilità della norma solo ai terzi subacquirenti a titolo gratuito (dottrina processualistica) [101], con applicazione analogica della revocatoria (ma questo istituto colpisce il negozio giuridico inteso, più che come atto, come autoregolamento di interessi) ovvero facendo leva, con il ricollegare i rischi ai vantaggi nel bilanciamento dei contrapposti interessi, sul fatto che, mentre il creditore certat de damno vitando, il (sub)donatario certat de lucro captando (ma, per una conseguenza dal rilievo così dirompente, l’assunto necessita di un’espressa previsione legislativa) o, ancora, sul principio dell’acquisto derivativo-traslativo che importa il subentro dell’avente causa nella medesima posizione dell’autore (ma l’art. 2929 bis, c.c. è una norma di stretta interpretazione che, per di più, non riguarda un vizio dell’atto); il terzo subacquirente non è mai soggetto all’azione esecutiva (del creditore del disponente originario) in quanto [dottrina civilistica [102] e processualistica [103]] non è un avente causa dal debitore (il fatto che il pregiudizio derivi al creditore da “un atto del debitore” è un presupposto per l’azionabilità del pignoramento).

Nessuno si era spinto ad affermare che l’art. 2929-bis, c.c. si applicasse indistintamente a qualsiasi sub acquirente, rendendosi altrimenti di fatto incommerciabile la res, qualunque fosse stata la natura, onerosa o gratuita, dell’attribuzione patrimoniale prodottasi in relativo favore.

Oggi, e in particolare dal mese di giugno 2016, la disposizione è stata ulteriormente ritoccata dalla mano del legislatore il quale, con un atto di “interpretazione autentica” finalizzato a vincolare l’esito del procedimento interpretativo [104], ha espressamente prestato adesione, nel nuovo comma 4 dell’art. 2929-bis c.c., al primo termine della riferita alternativa [105].

Avv. Luca Crotti

[1] In forza del d.l. 27 maggio 2015 n. 83 convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015 n. 132 e ss.ii.mm. ex d.l. 3 maggio 2016 n. 59 coordinato con la l. di conversione 30 giugno 2016, n. 119.

[2] Prima della novella il creditore poteva: a) aggredire i beni del debitore (art. 2740, c.c.); b) aggredire i beni di un terzo qualora ipotecati in favore del primo (art. 2808, c.c.); c) aggredire i beni di un terzo cessionario tramite una azione revocatoria (art. 2901, c.c.) o di simulazione assoluta (artt. 1414, ss., c.c.).

[3] L’art. 2929-bis c.c. opera solo in àmbito di esecuzione forzata individuale, senza che la disposizione possa incidere sul sistema concorsuale (collettivo) di cui agli artt. 64 e 66, l. fall. (àmbito, quest’ultimo, nel quale il termine “gratuità”, in quanto ricollegata per interpretazione giudiziale alla causa in concreto dell’atto, non può essere confinato al solo tipo donativo: Trib. Firenze Sez. III, 11/11/2016; Cass., sez. un., 18 marzo 2010, n. 6538 e Cass. 28 ottobre 2001, n. 22518; cfr., sul tema, anche Cass. 2 febbraio 2006, n. 2325): Fauceglia, Prime Riflessioni sul secondo comma dell’art. 64 l. fall., in www.lodd.it, III, 2016, p. 42 ss.

[4] È infatti un termine di esercizio del “diritto all’esecuzione”, ossia inerente ad una fattispecie procedimentale (il processo esecutivo) rilevante solo sul piano giuridico-formale (l’esercizio del diritto sottoposto al termine non realizza immediatamente l’interesse sostanziale, come invece accade nei casi di prescrizione: Grasso, Sulla distinzione tra prescrizione e decadenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1970, p. 866, ss.).

[5] Così è anche per Tedoldi, Le novità in materia di esecuzione forzata nel D.l. n. 83/2015 … in attesa della prossima puntata …, in il Corriere giur., n. 2016, 2, p. 156.

Quanto alla nozione di “termine processuale”, presupposto per la sospensione feriale, si rinvia per tutte, in giurisprudenza, a Cass., sez. VI, 14 gennaio 2016, n. 442; Cass., sez. I, 11 novembre 2011, n. 23638 e Corte cost., 18 luglio 1998, n. 296.

[6] Che non è quindi autonoma ma che risulta strettamente collegata al debito, di cui ne segue le sorti (non è un caso se il terzo proprietario, in quanto litisconsorte necessario passivo dell’azione esecutiva, può fare opposizione all’altrui pignoramento non a norma dell’art. 619, c.p.c. ma in base all’art. 615, c.p.c.).

Non si ritiene corretta la ricostruzione della fattispecie in termini di “responsabilità senza debito”: Pagliantini, Ancora sull’art. 2929-bis c.c. (nel canone di Mauro Bove): è vero ma … (l’opinione del civilista e la “crisi” della fattispecie), in Riv. esec. forz., 2017, II, p. 316.

[7] Formatasi all’esito di un procedimento di merito in cui debitore e terzo acquirente sono stati litisconsorti passivi necessari (si consideri che l’art. 2910, primo cpv., c.c. già deroga al principio per cui i creditori chirografari non hanno alcun diritto di sèguito sui beni del debitore).

[8] Ne deriva, proprio per la eccezionalità della nuova norma, che l’art. 2929-bis c.c. non contempla alcuna possibile “estensione” di responsabilità rispetto ai casi previsti dall’art. 2910, comma 2, c.c.

[9] Cfr. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, Padova, 1933, p. 11.

[10] L’art. 2929-bis c.c., difatti, è potenzialmente in grado di esporre a grave rischio la stabilità e la certezza delle attribuzioni patrimoniali. Per le notevoli problematiche che la riforma ha fatto sorgere anche in ambito fallimentare: cfr. Fauceglia, op. cit., p. 47.

[11] Il legislatore per rafforzare la tutela del creditore ha equiparato quest’ultimo al terzo avente causa, applicando al primo i medesimi principi che dirimono il conflitto tra i diversi aventi causa dal medesimo autore: tra creditore pignorante e acquirente del bene pignorato prevale chi trascrive per primo (la soluzione si fonda su ragioni di certezza processuale in quanto una alienazione non può pregiudicare l’esito dell’esecuzione forzata).

[12] Naturalmente il riferimento vale sempre e solo per gli atti posti in essere “a titolo gratuito”.

[13] La norma, prevedendo che l’iscrizione ipotecaria non tocca il diritto reale minore trascritto anteriormente, contempera la facoltà di disposizione del proprietario con l’esigenza di mantenere integra la garanzia ipotecaria.

[14] Cfr., per tutte, Cass., sez. un., 13 ottobre 2009, n. 21658, oltre a Cass. 12 dicembre 2013, n. 27854.

[15] Invero, siccome la ratio dell’art. 2929-bis c.c. è quella di colpire il debitore che sottrae beni al creditore mediante un atto a quest’ultimo opponibile, è preferibile ritenere applicabile l’art. 2929-bis c.c. alla fattispecie “fondo patrimoniale” in quanto l’espressione, contenuta della nuova norma, «data in cui l’atto è stato trascritto» dev’essere letta nel senso di «data in cui l’atto è stato reso opponibile» (così anche Muritano, Il nuovo art. 2929 bis c.c.: quale futuro per la protezione del patrimonio familiare?, in Riv. dir. banc., 2015, XI, p. 15-17): quindi l’anno previsto dalla novella decorre dalla data di annotazione del vincolo, disposto nell’interesse familiare, nei registri dello stato civile.

Non è condivisibile, perché “prova troppo” (qui nimium probat, nihil probat), quell’opinione notarile per cui «si potrebbe rivalutare la trascrizione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, assegnandole il ruolo di pubblicità costitutiva ai soli fini di cui all’art. 2929-bis c.c., intendendola cioè quale elemento necessario perché abbia inizio il decorso del termine annuale» (Frugiuele, L’art. 2929 bis, c.c. e l’inopponibilità degli atti dispositivi, in Immobili & proprietà, VI, 2016, p. 373 nt. 27).

[16] L’art. 2929-bis c.c. è definito come “inedito fenomeno” da Capponi, Prime impressioni sugli aspetti processuali dell’art. 2929 bis, c.c. (la tecnica del bypass applicata all’esecuzione forzata), in Riv. esec. forz., 2016, I, passim.

[17] In chiaro stravolgimento del disegno generale di scansione dei tempi processuali.

[18] Si veda la disciplina posta dagli artt. 560, 561 e 563, c.c. in tema di riduzione della liberalità e di restituzione della res.

[19] Che integrano forme di protezione reale di assetti di interessi fiduciari, e quindi obbligatori (per questa ragione il trust, a differenza di quanto avviene per l’art. 2645 ter, c.c., può avere ad oggetto anche beni fungibili, quali ad es. il denaro, non “marchiabili”).

Sul tema dei trust interni si rinvia a Bartoli e Muritano, Le clausole dei trusts interni, Torino, 2008. In tema di art. 2645 ter, c.c. si rinvia a La Porta, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994.

[20] Il richiamo corre, per il diritto civile, all’art. 2645 ter c.c. (mentre, per il diritto commerciale, la nuova norma non è applicabile alle ipotesi previste dagli artt. 2447-bis ss. c.c. in quanto, per tale microsistema, opera il principio di specialità: artt. 2447-quater e 2447-decies c.c.).

[21] Nel medesimo senso del testo: Sabbatelli, Ancora su trust interni: un passo indietro (e confuso) della giurisprudenza di merito, in Nuova giur. civ., 2015, p. 981.

[22] Prima che fosse introdotto dal legislatore l’art. 2654 ter c.c. (ex art. 39 novies, d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. in l. 23 febbraio 2006, n. 51), la posizione fatta propria dalla maggioranza degli studiosi in ordine alla ammissibilità nel nostro ordinamento privatistico degli “atti di destinazione di beni allo scopo” era assai perplessa. Tradizionalmente, in critica al negozio di destinazione a rilevanza reale, la dogmatica ha sostenuto che: a) la causa di trasferimento è compatibile solo con gli schemi dello scambio e della liberalità. In realtà, si è di contro osservato, il trasferimento è un effetto in sé neutro, incolore, astrattamente compatibile con qualsiasi funzione concreta rispetto alla cui attuazione il trasferimento è strumentale (esso non esprime l’identità causale dell’atto) e l’art. 1376, c.c., essendo fondato il nostro sistema sul consenso causale [art. 1325, n. 2), c.c.], consente in concreto di rendere reale il vincolo di destinazione; b) non è ammissibile prefigurarsi un patrimonio separato in capo allo stesso soggetto (ad una persona può corrispondere un solo patrimonio in quanto quest’ultimo rappresenta la proiezione della prima nel mondo del diritto). Tale concezione, di matrice illuministica e che ha condotto alla teorizzazione del patrimonio autonomo (ossia soggettivizzato), non è più in linea con la possibilità, attualmente ritenuta legittima, di una moltiplicazione di patrimoni in capo ad un medesimo soggetto; c) sussiste il divieto, per l’autonomia privata, di creare cause legittime di prelazione in considerazione del carattere universale della responsabilità del debitore (artt. 2740 e 2471, c.c.). Invero non si deve comparare l’interesse dei creditori (tutelato dall’art. 2740, c.c.) e la creazione di un patrimonio separato (se così fosse sarebbe ovvio che prevarrebbe, per definizione ex art. 2740, c.c., la tutela del credito) ma si devono tra di loro bilanciare la tutela del credito e l’interesse alla destinazione: l’art. 2740, co. 2, c.c. si applica (solo a quei patti che hanno come unica causa giustificativa la sottrazione di beni alla responsabilità patrimoniale generale, cioè si applica solo) a quegli atti che hanno come unico effetto la separazione del patrimonio perciò risultando illeciti e non meritevoli di tutela. Il che è a dire che l’art. 2740, c.c. sacrifica l’interesse a separare e non a destinare (rispetto al quale la separazione è solo un effetto secondario e indiretto); d) i privati non possono incidere sulla struttura delle situazioni soggettive di diritto reale (i diritti reali non solo sono tipici e a numero chiuso, ma più in generale sono delle strutture formali su cui i privati non possono incidere). Tuttavia quando l’acquisto di un diritto non è definitivo e finale, la proprietà dell’attributario è funzionalizzata all’interesse del disponente: si pensi alla proprietà risolubile, a quella temporanea, alla multiproprietà ex art. 4, comma 1, d.lgs. 9 novembre 1998, n. 427, alla proprietà del mandatario ex art. 1707 c.c., ecc. Ebbene con l’introduzione dell’art. 2645 ter, c.c. (che non tipizza un contratto) è stata confermata, per la dottrina più attenta, la compatibilità del nostro ordinamento con un negozio giuridico che può costituire un vincolo di destinazione reale, e che dunque è trascrivibile (con pedissequa opponibilità ai terzi): oggi l’autonomia privata può pertanto incidere (se non proprio sul diritto reale, quantomeno) sull’investitura del diritto che deriva dall’atto di disposizione e che viene strutturalmente limitata dalla causa in concreto del negozio destinatorio (con conseguente inefficacia di eventuali atti di disposizione, compiuti dal titolare in violazione della destinazione stessa). L’art. 2645 ter, c.c. consente quindi di riconoscere una titolarità funzionale a rilevanza reale, senza violazione dell’art. 2740 c.c. Sul piano della tutela, rispetto a tale negozio destinatorio (anche quando non traslativo) espressione del potere di disposizione conformativa, i creditori del disponente potevano utilmente esperire, almeno sino all’introduzione della norma che si commenta nel presente contributo, il solo rimedio dell’azione revocatoria (art. 2901, c.c.). Nonostante la significativa evoluzione di pensiero sopra richiamata, si registrano in dottrina ancora pertinaci resistenze al superamento dei pregiudizi tramandati dalla tradizione e si tende a ravvisare nell’art. 2645 ter, c.c. un effetto destinatorio a rilevanza obbligatoria, eccezionalmente reso opponibile ai terzi mediante la trascrizione (Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2011, p. 836).

In realtà tal ultima discutibile impostazione, al di là delle gravi difficoltà che incontra nel dover ricostruire una opponibilità ai terzi del vincolo obbligatorio (presupponendosi invero l’esistenza di situazioni soggettive ben più anomale di quelle conformate), dovrebbe per coerenza non risultare applicabile all’autodestinazione (ossia la destinazione non traslativa) in quanto vicenda strutturalmente inadatta a far nascere un obbligo verso se stessi. In alternativa, e forse con maggior coerenza ricostruttiva (sia consentito il rinvio a Crotti, Sulla trascrivibilità delle domande d’intervenuta usucapione: tutela del diritto o “diritto all’apparenza”?, in Vita not., III, 2007, p. 1063, ss.), si dovrebbe ridurre la trascrizione ex art. 2645 ter c.c. a mera notizia privilegiata, destinata unicamente ad escludere la buona fede del terzo in caso di contrattazione compiuta in violazione delle regole di impiego dei beni destinati.

[23] Cfr. Palazzo, L’art. 2929-bis c.c. e il livello di stabilità degli atti gratuiti, in www.lodd.it, III, 2016, p. 9 ss.

[24] Così è anche per Ballerini, Atto di destinazione e tutela dei creditori: l’art. 2929-bis c.c. riduce i confini della separazione patrimoniale, in Giur. it., 2016, I, p. 273.

[25] M. Bianca, Il nuovo art. 2929-bis del codice civile riflessioni sparse sulla tutela dei creditori contro atti abusivi, in Riv. dir. civ., IV, 2016, p. 1139.

[26] Del resto la disposizione è stata introdotta dal legislatore al fine di offrire uno strumento in più alle imprese in crisi del settore bancario (per le ragioni dell’attuale deriva del mondo degli enti finanziatori si rinvia a Costanza, Che banca è la tua banca?, in www.lodd.it, II, 2016, p. I).

[27] Cfr. Bianca, op. cit., p. 1141 e Palazzo, op. cit., p. 9, ss.

[28] Si segnala, per inciso, che l’inizio dell’esecuzione, è fatto coincidere, dalla costante giurisprudenza, con il pignoramento (quale vincolo di destinazione al soddisfacimento dell’interesse del creditore) ex art. 491 c.p.c.: Cass., sez. III, 19 settembre 2014, n. 19738; App. Bologna, sez. II, 10 febbraio 2012; Cass., sez. III, 29 marzo 2007, n. 7737; Cass., sez. III, 14 luglio 2000, n. 9365; possibilista ma isolata: Cass., 25 maggio 1998, n. 5207. Tuttavia si registra l’opinione contraria della migliore dottrina processual civilistica, per la quale l’inizio dell’esecuzione coincide con la notifica dell’atto di precetto (art. 479, c.p.c.): Luiso, Diritto processuale civile, III, addenda, 2015, p. 2 e 3.

[29] Cfr. Trib. Ferrara, 10 novembre 2015, sul rilievo per cui l’art. 2929-bis c.c. sarebbe norma di carattere processuale (e quindi non si porrebbe un problema di retroattività tra l’entrata in vigore della norma e la donazione anteriore: in tale prospettiva la nuova norma, limitandosi a disciplinare un’ulteriore prerogativa del pignoramento, si applicherebbe anche alle donazioni perfezionatesi in data anteriore alla entrata in vigore dell’art. 2929-bis c.c.). Per la portata processuale di tale norma (contestando che si sia in presenza di una “inefficacia ex lege” del supposto atto pregiudizievole): Bove, L’applicazione dell’art. 2929-bis c.c. tra esercizio dell’azione esecutiva ed azioni dichiarative, in Riv. esec. forz., II, 2017, p. 282, ss. Tuttavia una cosa è il piano dell’opposizione (nel quale rileva la eventuale ingiustizia dell’esecuzione), altra cosa è il preventivo livello di incidenza del pignoramento (che opera sul valore della trascrizione dell’atto pregiudizievole).

[30] Non per ragioni sostanziali di affidamento del terzo già acquirente a titolo gratuito e di certezza dei traffici giuridici, argomenti pure addotti da parte di operosa dottrina notarile: Rizzi, L’art. 2929-bis c.c.: una nuova tutela per il ceto creditorio, in federnotizie.it, 2015, p. 16 e Petrelli, Pignoramento di beni oggetto di vincoli di indisponibilità e di alienazioni gratuite – Pignoramento successivo, in www.gaetanopetrelli.it, Rassegna delle recenti novità normative di interesse notarile, primo semestre 2015, p. 8.

[31] La trascrizione è fattispecie di diritto sostanziale (Mengoni, Gli acquisti «a non domino», Milano, 1994, p. 8-11 e Pugliatti, La trascrizione, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da Cicu e Messineo, 1, Milano, 1957, p. 455), sia che la si intenda come vicenda costitutiva dell’opponibilità del titolo trascritto per primo (Barassi, Diritti reali e possesso, I, Milano, 1952, p. 448) sia che la si intenda come automatica vicenda risolutiva (condicio iuris) del primo acquisto non trascritto tempestivamente (Gazzoni, La trascrizione immobiliare, I, c.c. Comm. diretto da Schlesinger, Artt. 2643-2645 bis, Milano, 1998, p. 476).

Pertanto non è possibile condividere l’assunto in base al quale l’art. 2929-bis c.c. non ha prodotto alcuna alterazione di ordine sostanziale, limitandosi la disposizione ad introdurre nell’ordinamento un nuovo modulo di natura processuale (Bove, Profili processuali dell’art. 2929-bis c.c., in Riv. esecuz. forz., II, 2016, p. 159): l’alterazione dei presupposti tipicamente previsti per l’aggressione esecutiva di un dato patrimonio (secondo la disciplina generale consegnata agli artt. 2910, cpv., c.c. e 602, c.p.c.) implica un diverso trattamento dei sottostanti interessi sostanziali che necessita di ogni più ampia rilevanza.

Del tutto isolata quella dottrina che ricostruisce invece la trascrizione in chiave strettamente processuale, riducendola a mero criterio di giudizio per il giudice al fine di risolvere il “conflitto” tra due acquirenti del medesimo bene dallo stesso autore (L. Ferri, Note introduttive ad uno studio sulla trascrizione immobiliare, in Studi in onore di Cicu, I, Milano, 1951, p. 362 e 363).

[32] Cfr. Bonini, Dall’azione revocatoria all’espropriazione anticipata: la tutela dei creditori rispetto agli atti di destinazione, in Giur. it., I/2016, p. 238.

[33] V. Tedoldi, op. cit., p. 156.

[34] Che la nuova disposizione non sia una norma sulla revocatoria è chiarito, testualmente, dall’inciso presente nel 1° comma dell’art. 2929 bis, c.c. in cui si afferma che il creditore può agire nella dimensione esecutiva «ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia» dell’atto che si assume lesivo. Tuttavia, nei commenti apparsi sinora in materia, si sono rinvenute affermazioni figlie di malintesi e frutto di equivoci (si è addirittura parlato, con manifesta commistione concettuale, di una «azione esecutiva revocatoria»: Dominici, L’art. 2929-bis c.c. e l’azione esecutiva revocatoria, in Giur. it., 2016, 8-9, p. 2045): a) si sarebbe in presenza di una “sorta di revocatoria ex lege” (ritenendosi che l’art. 2929 bis, c.c. determini, sull’errato e inespresso presupposto di una presunzione legale di frode, una inefficacia temporanea ex lege dell’atto dispositivo che si assume lesivo, quasi che il debitore sia stato in qualche modo “espropriato” dal legislatore del potere di disporre a titolo gratuito). Tuttavia l’atto di disposizione del debitore produce immediatamente i propri effetti, se è vero che il creditore è onerato di pignorare il diritto sulla res presso il terzo proprietario; b) inoltre, sulla scorta della relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, si è parlato di «azione revocatoria semplificata» (Oberto, La revocatoria degli atti a titolo gratuito ex art. 2929-bis c.c., Torino, 2015, p. 33; oltre allo stesso C.S.M.) o anche di una pauliana “per saltum” [De Cristofaro, La prospettiva processuale della pauliana (note sull’introduzione del nuovo art. 2929-bis c.c.), in Nuove leggi civ., III, 2016, p. 440] ossia che viene esercitata dal creditore direttamente in via esecutiva (Tedoldi, sulla falsariga di Dominici, discorre di un non meglio precisato «pignoramento revocatorio»), ma la tesi presuppone di ritenere ammissibile un’azione avente una doppia funzione (tra l’altro, disposta in un ordine non propriamente logico, prima esecutiva e poi, solo eventualmente, cautelare) oppure impone di riproporre la tesi adombrata sotto il cod. civ. del 1865 (e poi superata dall’art. 2902 del codice vigente) della revocatoria come azione esecutiva (infatti, nel codice previgente, il creditore, prima di impugnare l’atto del debitore, doveva agire in sede esecutiva facendo constare l’insolvenza del debitore, ossia la sua incapacità di adempiere); c) si è poi parlato, evidenziandosi la temporale inversione delle tradizionali fasi giudiziali (Smaniotto, L’art. 2929-bis c.c. Espropriazione dei beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito, in Immobili & proprietà, Milano, 2015, X, p. 584 e Bove, Profili, op. cit., p. 159), di «espropriazione forzata anticipata» (rispetto, pare di potersi intendere, all’accertamento del diritto), ma l’opposizione non è affatto necessaria e quindi l’esecuzione può non anticipare alcunché (non si ritiene metodologicamente corretto qualificare una fattispecie sulla base di una sua fase meramente eventuale); d) si trova altresì scritto (Capponi, op. cit., p. 2) di una speciale azione revocatoria “invertita” (forse sull’idea di una revocatoria introdotta ope exceptionis, ossia da parte del debitore, ma sul presupposto che il pregiudizio sia identico in entrambe le fattispecie previste dagli artt. 2901 e 2929-bis, c.c. e, comunque, astraendosi del tutto dal sotteso piano di coessenziale indagine sostanziale della vicenda). Tale inquadramento pare troppo semplicistico, in quanto assegna rilevanza ai soli moduli processuali con totale pretermissione delle coessenziali situazioni sostanziali presupposte; e) si è infine fatto cenno ad una sorta di revocatoria “implicita” nell’esecuzione forzata: cfr. Violante, L’esecuzione forzata senza revocatoria di cui all’art. 2929-bis c.c. introdotto con d.l. 27-6-2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 6-8-2015, n. 132, in Riv. esec. for., 2015, IV, p. 590; Antonucci, L’azione revocatoria “semplificata”: dubbi di costituzionalità dell’art. 12 d.l. 83/2015, ilcaso.it, 2015, p. 3 nonché Trib. Ferrara, 29 settembre 2015 (che discorre, con evidente fictio, di revocatoria implicita e “sommaria”). Tuttavia, giova ribadire, la revocatoria non viene proprio in considerazione in quanto l’art. 2929 bis, c.c. non conserva affatto la garanzia generica ma è diretto a soddisfare senz’altro il diritto del creditore. Pare, al limite, più appropriato descrivere l’art. 2929-bis c.c. come una singolare ipotesi di “espropriazione senza revocatoria”.

[35] Entrambi gli istituti sono, a differenti livelli, forme di attuazione della responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740, c.c.) la quale solo descrittivamente può essere definita come un “vincolo di destinazione” dei suoi beni al soddisfacimento dell’interesse del creditore e che, in realtà, individua la sfera entro cui può operare lo strumento processuale, attribuendo al creditore la facoltà di agire progressivamente in giudizio: innanzitutto in via preventiva per conservare le sue ragioni sui beni del debitore (art. 2901, c.c.) nonché, in via esecutiva, per escutere gli stessi (art. 2929 bis, c.c.) al fine di rimediare ad una lesione del credito oggettivamente consumatasi.

Con riguardo all’art. 2740, c.c. si rinvia a L. Barbiera, Responsabilità patrimoniale (disposizioni generali), Comm. diretto da Schlesinger, Artt. 2740-2744, Milano, 1991, p. 15, 26 e 29.

[36] L’art. 2901, c.c. «tutela l’effettività della responsabilità patrimoniale» (Cass., sez. III, 13 agosto 2015, n. 16793), prevenendo la lesione del credito (non c’è un danno attuale ma una situazione di pericolo che viene rimossa), ed ha la funzione (al più) di preparare la fruttuosità della eventuale fase di esecuzione forzata (lo strumento ha carattere “non satisfattivo” ma “cautelare” poiché conserva l’oggetto della responsabilità patrimoniale del debitore).

In realtà la revocatoria (art. 2901, c.c.) non ha mai funzione esecutiva in quanto “serve solo ad accertare la possibilità di un esercizio futuro dell’azione esecutiva”: Nicolò, Tutela dei diritti, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, artt. 2900-2967, Bologna-Roma, 1953, p. 199.

[37] L’art. 2929 bis, c.c. rimedia alla lesione del credito già consumata (derivante da un inadempimento qualificato dalla vanificazione dell’art. 2740, c.c.) ed ha natura satisfattiva (nel senso che è diretta immediatamente alla soddisfazione dell’interesse del creditore, anche se per equivalente).

[38] I due strumenti sono tra loro “discrezionalmente alternativi” (nel senso di “non perfettamente fungibili”, in quanto relativi a fattispecie solo parzialmente coincidenti): il creditore, al fine di non incorrere in evitabili (e quindi dannose) interferenze nella sfera giuridico-patrimoniale del terzo (che non può subire un pignoramento ai sensi dell’art. 2929 bis, c.c. solo in conseguenza di un peggioramento qualitativo del patrimonio del debitore), deve orientarsi nella scelta dell’azione sulla base del concreto livello di capienza del patrimonio residuo del debitore (rispetto al credito di cui si chiede la tutela) al tempo in cui si attiva per (re)agire. Tuttavia gli strumenti possono tra loro concorrere (stante la diversità dei relativi presupposti), essendo dunque gli stessi esperibili in cumulo: anche nella fase del merito (in esito alla opposizione all’azione prevista dall’art. 2929-bis, c.c.), se su beni diversi; sinché l’azione esecutiva (art. 2929-bis, c.c.) si mantiene nell’àmbito del pignoramento (senza apertura di finestre sul merito in sede di opposizione), se sul medesimo bene; qualora la (più rapida) azione esecutiva pervenga alla realizzazione del credito e il giudizio di revoca (art. 2901, c.c.) dia successivamente ragione al legittimato passivo, rimarrà esperibile, verso il creditore soddisfatto, l’azione per danni da parte di chi ha subito l’espropriazione (in quanto l’esecuzione non ha potuto produrre alcun giudicato sulla fondatezza o meno della revocatoria); qualora le due azioni cadano sul medesimo bene oggetto del medesimo atto e nell’àmbito di quella esecutiva (art. 2929-bis, c.c.) sopravvenga un’opposizione: merita approfondita indagine, da rinviare ad altra apposita sede, il rapporto che si può instaurare tra le due parallele procedure di merito (è qui possibile ipotizzare un fenomeno di pregiudizialità, anche se si tratta di conclusione che, allo stato, discende dalla apparente non applicabilità di altri differenti istituti processuali). Fermo in ogni caso che, se il creditore decade dalla facoltà di agire direttamente in executivis ex art. 2929-bis, c.c., rimane pur sempre legittimato ad agire, nel termine quinquennale di prescrizione, ex art. 2901, c.c. così utilizzando un mezzo diretto di pressione psicologica sul debitore affinché esegua spontaneamente la prestazione. Infine la questione del se il creditore opposto, dopo essere risultato soccombente nel giudizio di cui all’art. 2929 bis, c.c., possa ancora agire ai sensi dell’art. 2901, c.c. dev’essere risolta in diretta e immediata considerazione dei motivi del rigetto.

[39] In tal senso, invece, è per Rizzi, op. cit., 1; De Cristofaro, op. cit., p. 447 e Bianca, op. cit., p. 1148. Pare confondere tra efficacia e opponibilità dell’atto dispositivo, sovrapponendo i due concetti: Gambi, La c.d. “revocatoria semplificata”, ovvero l’acquisizione al fallimento dei beni oggetto di atti a titolo gratuito tramite trascrizione ex art. 64, comma 2, legge fallim., in Il dir. fall., II, 2017, p. 621.

[40] In ispecie il potere di disporre del debitore non è “attenuato”, come ritenuto per la revocatoria da una parte della dottrina (Nicolò, op. cit., p. 194), in quanto la facoltà di rimuovere l’opponibilità dell’atto per il creditore del disponente è divenuta, allo stato, una caratteristica oggettiva della stessa fattispecie donativa in sé considerata. In altri termini mentre la revocatoria colpisce il debitore (qualora si ritenga che la sentenza che definisce la revocatoria sia di mero accertamento e non costitutiva), l’art. 2929 bis, c.c. colpisce lo strumento usato dal debitore (l’atto).

[41] Ne discende che l’atto di disposizione supposto lesivo si impugna: a) con l’art. 2929-bis c.c., come anello della catena circolatoria o come atto; b) con l’art. 2901, c.c., come affare privato o come negozio (cfr., per gli aventi causa immediati dal debitore, l’art. 2652, n. 5, c.c. che fa salve le regole di opponibilità del fatto “trascrizione”). Del tutto apodittica l’affermazione per cui, per l’art. 2920-bis c.c. come per l’art. 2901, c.c., «ciò che rileva (…) è, in ogni caso, la causa concreta del negozio giuridico ritenuto pregiudizievole delle ragioni creditorie»: Gambi, op. cit., p. 621 (che ritiene di ravvisare, tra le due norme, una «sostanziale affinità sotto il profilo della natura degli atti sanzionabili»).

[42] Nel senso di esistente al momento dell’esecuzione (non soggetto a condizione, non futuro o eventuale – contestato/litigioso –).

[43] Nel senso di determinato nel suo preciso ammontare (liquido è anche il credito il cui quantum sia ricavabile da una semplice operazione aritmetica. Ad es.: condanna a pagare interessi per un dato periodo o un dato numero di rate mensili del canone locatizio; generica è invece una condanna pari, per es., al 50% delle spese, prevedendosi, in questo caso, un meccanismo di relatio). La liquidità del credito, che può anche sopravvenire rispetto al momento del compimento dell’atto di disposizione (e concretizzarsi entro l’anno dalla trascrizione di quest’ultimo), può incidere sulla reale conoscenza dell’eventus damni da parte del debitore.

[44] Nel senso di non soggetto a termine, a condizione sospensiva o a controprestazione.

[45] Il credito deve quindi risultare, per es., da sentenza (decreto ingiuntivo, lodo arbitrale, verbale di conciliazione giudiziale), cambiale, assegno bancario (o assegno postale), assegno circolare (o vaglia postale), atto pubblico o scrittura privata autenticata.

[46] A fronte del dibattito sul se, nell’area applicativa della nuova norma, siano o meno ricomprese le quote di partecipazione in s.r.l. (visto l’art. 2470, comma 2, c.c.), in quanto entità definite dalla giurisprudenza come ‘beni mobili immateriali’ sussunti nell’art. 812, ult. comma, c.c. (v. Cass. 21 ottobre 2009, n. 22361), si propende per l’affermativa.

[47] Con esclusione, ovviamente, di quelli inalienabili o impignorabili.

[48] La più attenta dottrina ha da lungo tempo distinto il trasferimento (in cui rileva il disponente) dalla successione (in cui rileva l’acquirente), quali vicende tra loro disposte in un rapporto da species a genus (Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, p. 85, ss.).

[49] Incertezze nelle quali ancòra oggi si imbattono gli scrittori moderni quando affermano di ravvisare un “grave problema” rappresentato dalla necessità di doversi orientare di fronte a possibili “atti onerosi dal punto di vista formale, ma gratuiti nella sostanza”: Bonini, op. cit., p. 238.

[50] Questo è l’equivoco storicamente radicato nella definizione contenuta nell’art. 1101 del cod. civ. del 1865 che sembrava autorizzare la sovrapposizione del concetto di onerosità a quello di corrispettività (“mediante” o “senza equivalente”). In ordine tal ultimo aspetto si rinvia a Grasso, Gratuità dell’atto di alienazione e art. 2929 bis, c.c., in www.lodd.it, 2016, II, p. 76, ss. Confonde i differenti piani: Frugiuele, op. cit., p. 373.

[51] Di regola rendendo precario l’acquisto e attenuando la responsabilità del disponente per il caso di inadempimento.

[52] La scorrettezza metodologica di un approccio ermeneutico condotto su un piano meramente letterale (“in claris non fit interpretatio”) emerge anche dall’analisi del comma 3 del medesimo art. 2929 bis, c.c. la cui lettera dovrebbe poter limitare l’opposizione ai soli “vincoli” destinatori (con inspiegabile esclusione delle “alienazioni gratuite”, che vincoli non creano).

[53] Cfr. Testa, Atti di donazione: gli effetti del nuovo articolo 2929-bis del codice civile, in www.altalex.com, 2015.

[54] In modo condivisibile, contrario alla succitata visione illiberale e paternalistica, v. Grasso, ult. op. cit., p. 77 e 78.

[55] Che compongono un groviglio di interessi personali e patrimoniali tra loro difficilmente distinguibili (prestazioni in funzione solutoria di obblighi di mantenimento, attribuzioni liberali, datio in solutum, novazioni, ecc.).

La giurisprudenza (forse per i pregiudizi storici che ancòra contaminano la materia – ci si riferisce alla indissolubilità del vincolo nuziale, al divieto di donazioni tra coniugi e alla presunzione muciana in sede fallimentare –) fatica a qualificare causalmente queste attribuzioni patrimoniali, affermando la ricorrenza di una atipica causa familiae con cui giustificare, nel suo complesso, l’operazione in esame.

[56] Cfr. Giorgianni, L’obbligazione, Milano, 1968, p. 120.

[57] Cfr. Rizzi, op. cit., 6 e Oberto, op. cit., p. 98 e 99.

[58] Di nessun pregio, perché frutto di una valutazione di opportunità politica, è l’affermazione per cui circoscrivere la gratuità prevista dall’art. 2929-bis c.c. alle sole donazioni in senso stretto “svuoterebbe d’efficacia la norma sino a renderla sostanzialmente inutilizzabile rispetto agli atti fraudolenti del debitore”: Dominici, op. cit., p. 2049.

[59] Mette in luce quanto sia radicato il pregiudizio in favore di una interpretazione solo letterale (più “comoda” e semplice) e la conseguente unilateralità del relativo metodo ermeneutico (di per sé inattendibile): Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1971, p. 278, 280 e 281 nt. 60.

[60] Anche in termini di ragionevolezza delle sue conseguenze immediate, privilegiandosi un’opzione a tutela dei traffici giuridici (Mengoni, L’argomentazione orientata alle conseguenze, in Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, p. 93 s.). D’altronde la norma è strumento pratico destinato a garantire ordine alla convivenza sociale: Betti, op. cit., p. 267.

[61] Per potersi affermare che la norma non sia di carattere eccezionale dovrebbe ritenersi esistente, in favore del creditore, un diritto di “pegno generale” sui beni del debitore oppure, con espressione meramente descrittiva, che si è in presenza di «una efficacia potenziata dell’azione esecutiva» ex art. 2929-bis c.c.

[62] Non accoglibile in quanto foriera di gravi incertezze è l’opinione per cui il negozio giuridico non sarebbe attaccabile dal creditore del disponente, “ancorché sia compiuto a titolo gratuito”, quando l’attribuzione non risulti, senz’altro, “eccessiva” (Frugiuele, op. cit., p. 373).

[63] Così anche parte della dottrina notarile (Franco, La novella codicistica dell’art. 2929 bis, c.c.: tra accelerazione delle tutele creditorie e riflessioni sistematiche. Primo commento, in www.lodd.it, 2016, II, p. 49 nt. 4). Contra: Oberto il quale riscontra, sulla base del nudo testo di legge, «la scelta di politica legislativa volta a non limitare alla categoria delle donazioni il rimedio» e, con buona pace della sicurezza dei traffici giuridici, estende la norma a situazioni pure definite «borderline (…) ove il dubbio (…) appare più che legittimo» (Id., op. cit., p. 68).

[64] La conclusione, qualora possa occorrere, è confermata anche dalla relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione in cui si parla espressamente di applicabilità dell’art. 2929-bis c.c. a determinati “tipi” di atti. Diversamente sarebbe difficilissimo stabilire quale sia il discrimen per applicare la novella ai casi dubbi. Si potrebbe anche pensare ad una posizione intermedia che consenta di applicare l’art. 2929-bis, c.c. solo ai casi in cui la gratuità è “documentale” (senza però possibilità di ricostruirla con “perizie sui valori” – dovendosi, in caso contrario, chiudere l’esecuzione in rito –: così è per Trib. Brescia, 10 dicembre 2015); conforme, in dottrina, Grasso, ult. op. cit., p. 80. Tuttavia, in questo modo, si postula l’esistenza di una qual sorta di “terza categoria” dell’attribuzione patrimoniale rappresentata (oltre che da quella onerosa e gratuita) dalla prestazione “manifestamente” o “dichiaratamente” gratuita (in quest’ultimo senso, sebbene astraendo del tutto dalla pratica degli affari, Capponi, op. cit., passim). In realtà la tesi può dirsi accettabile, e valere ad estendere l’applicazione dell’art. 2929 bis, c.c. oltre a quanto riferito in narrativa, solo se l’evidenza “documentale” viene intesa nel senso di dar conto della ricorrenza di un negozio unilaterale gratuito posto in essere dal debitore, per es., ex art. 1333, c.c. Inoltre, in caso di donazione modale (potenzialmente onerosa), l’atto è aggredibile ex art. 2929-bis c.c. e la questione della possibile gratuità (la cui prova incombe sul creditore) è rinviata all’eventuale sede dell’opposizione.

[65] Si ricorda che sull’avvocato, professionista qualificato a norma degli artt. 1176, comma 2 e 2236, c.c., incombe l’obbligo di sconsigliare il cliente (Cass. civ. Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24544; Trib. Milano Sez. I, 13 giugno 2013; Trib. Pordenone, 14 maggio 2010; Trib. Perugia, 11 gennaio 2007; App. Milano, 03 maggio 2006; Trib. Bologna Sez. II, 07 aprile 2006; Trib. Milano, 29 marzo 2005) dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole (Cass. civ. Sez. II, 02 aprile 2015, n. 6782) ovvero nel caso in cui appaia probabile un esito negativo (Cass. civ. Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14597); avvocato sul quale incombe altresì l’obbligo generale di (correttezza e dunque di) non recare pregiudizi arbitrari (ossia non giustificati dall’esercizio legittimo e corretto della funzione difensiva) alle controparti o ai terzi in genere: Trib. Trieste 10 agosto 2015.

[66] Al di là di qualsiasi valutazione dei connessi aspetti fiscali, sicuramente rilevanti nell’orientare la scelta delle iniziative pratiche dei consociati.

[67] Cfr. De Cristofaro, op. cit., p. 444 e Tedoldi, op. cit., p. 157. Contra: Bove (id., Profili, op. cit., p. 161 e 164) per il quale l’art. 2929 bis, c.c. sarebbe strumento esperibile (nonostante l’assenza, nel creditore procedente, dell’interesse ad agire ex art. 100, c.p.c. per mancata causazione, da parte di quello specifico negozio giuridico, del pregiudizio alla garanzia patrimoniale e nonostante la carenza di legittimazione passiva del terzo per non essersi reso attributario di alcunché) anche contro atti di disposizione compiuti dal debitore e originariamente inefficaci in quanto simulati o nulli.

Condivisibilmente contrario all’applicabilità della norma al fenomeno simulatorio: Pagliantini, op. cit., p. 310.

[68] Si ricorda che, per Giorgianni, op. cit., p. 164, l’art. 2740, c.c. (ossia la responsabilità patrimoniale del debitore) opera proprio in funzione dell’inadempimento del debitore, personalmente responsabile ex art. 1218, c.c. D’altronde «il processo esecutivo si muove soltanto perché non si può realizzare altrimenti quanto occorre per soddisfare i creditori»: Pugliatti, ult. op. cit., p. 222.

[69] Solo di recente si rinviene, conformemente a quanto rilevato in narrativa, il commento di Frugiuele, op. cit., p. 378.

[70] L’art. 2901, c.c. quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale a tutela preventiva del credito, prescinde dall’inadempimento del debitore e, operando a fronte di un mero “pericolo di danno”, è diretto ad evitarlo (v. Roselli, Responsabilità patrimoniale. I mezzi di conservazione, 2005, Torino, p. 131-133, 139, 140, 169, 196-198).

[71] Questa distinzione potrebbe rilevare, nel merito, ai fini di orientare l’esito di un eventuale giudizio di opposizione a fronte di un abuso dello strumento processuale da parte del creditore il quale indirizzata l’iniziativa contro il terzo nonostante la capienza del patrimonio del proprio debitore.

[72] Il carattere “cautelare” della (meno invasiva) azione pauliana consente di poter ricomprendere nel concetto di “pregiudizio” anche un semplice programma negoziale, se e quando potenzialmente lesivo della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740, c.c. (l’azione revocatoria non presuppone un inadempimento del debitore, ma semplicemente il rischio di inadempimento).

[73] Nelle donazioni modali, quand’anche onerose, l’inadempimento del modus, per lo meno fintanto che si rimane nell’area della donazione diretta, non importa risoluzione dell’attribuzione liberale (pregiudizievole per il creditore).

[74] Nel patrimonio del debitore, infatti, non entra una controprestazione che possa dirsi più facilmente deteriorabile o consumabile o distraibile/occultabile o più difficilmente aggredibile in sede esecutiva o vendibile in via giudiziale. Contra, nel senso della rilevanza del pregiudizio anche solo qualitativo alle ragioni del creditore, Tedoldi, op. cit., 155.

[75] Da valutare se sia possibile, al più, intentare una revocatoria (del resto, a fronte di un “non inadempimento”, il terzo proprietario viene aggredito in maniera assai più blanda).

[76] Peraltro è possibile che il pregiudizio si produca anche a carico del creditore già garantito da ipoteca se l’atto di disposizione riguarda un bene diverso da quello oggetto di garanzia (in quanto la sola ipoteca potrebbe non essere sufficiente per la soddisfazione coattiva del creditore).

[77] Non è condivisibile l’opinione per cui, appiattendosi l’art. 2929 bis, c.c. sull’art. 2901, c.c., si afferma che l’atto di disposizione è sufficiente che sia “astrattamente pregiudizievole” e fonte di una “possibile lesione” (Ballerini, Atto di destinazione e tutela dei creditori: l’art. 2929-bis c.c. riduce i confini della separazione patrimoniale, in Giur. it., 2016, I, p. 274) da ciò desumendosi altresì che l’anteriorità del credito dev’essere valutata non rispetto al compimento dell’atto (che si assume) lesivo ma della sua pubblicità (a tutela di un supposto affidamento dei creditori intermedi). Infatti è agevole la replica per cui il solo elemento soggettivo che rileva ai fini dell’art. 2929-bis c.c. è la conoscenza, nel debitore, della lesione procurata mediante l’atto di disposizione e non anche o invece la mancata conoscenza, nel creditore, dell’altrui esatta consistenza patrimoniale prima del sorgere dell’obbligazione.

[78] In materia si rinvia alla voce «Presunzione (dir. priv.)» destinata da A. Palazzo, nel 1986 ad un volume dell’E.D., con cui si evidenzia l’effetto di “preclusione relativa” che la legge appronta in favore del “soggetto debole”.

[79] Diffusissima la contaminazione concettuale: cfr., a titolo meramente esemplificativo, F. Danovi, Con la revocatoria semplificata azione più celere per il creditore, in “Il sole 24 ore”, del 27.01.2016; Violante, op. cit., p. 597; Smaniotto, op. cit., 585; Petrelli, op. cit., p. 2; Rizzi, op. cit., p. 15; Muritano, op. cit., p. 23; Franco, op. cit., p. 50 nt. 4; Frugiuele, op. cit., p. 370; Capponi, op. cit., passim; nonché Oberto, op. cit., p. 29 e Bianca, op. cit., p. 1136 (che, addirittura, si esprime spingendosi fino a qualificare come “evidente” l’inversione).

[80] Gli autori citati nella nota precedente, invero, confondono il problema pratico risolto dalla legge, neutralizzare una pratica abusiva adottata con crescente frequenza dal debitore (ratio legis), con lo strumento tecnico utilizzato dal legislatore per raggiungere lo scopo (che in realtà è la “inopponibilità temporanea” delle donazioni per un anno dalla relativa trascrizione).

[81] Non è superfluo segnalare come l’inversione dell’onere probatorio che si riscontra nelle pronunce in tema di revocatoria ordinaria (art. 2901, c.c.) è frutto di una cd. “presunzione giurisprudenziale”, illegittima (contra legem) per violazione dell’art. 2697, comma 1, c.c.

[82] La cui proposizione non sospende l’esecuzione (art. 624, c.p.c.) e il cui accoglimento determina l’estinzione del processo esecutivo (art. 632, c.p.c.).

Non è di lieve momento ricordare che il terzo beneficiario dell’atto di destinazione di beni allo scopo può opporsi, al pignoramento trascritto dal creditore del disponente, a norma dell’art. 619 c.p.c.

[83] Nel giudizio di opposizione all’esecuzione, che è una parentesi dichiarativa di cognizione incidentale nell’àmbito di una vicenda esecutiva, per effetto dell’opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti del giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto, il che esplica i suoi effetti in tema di onere della prova (Cass., sez. III, 1 marzo 2007, n. 4800; Cass., sez. lav., 5 marzo 2002, n. 3156; Cass., sez. I, 27 giugno 2000, n. 8718; Cass., sez. III, 3 marzo 1994, n. 2124) per cui, come ordinariamente avviene, incombe a chi fa valere un diritto in giudizio (“ei qui dicit”) il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa (Cass., sez. III, 17 novembre 2003, n. 17371). Perciò l’art. 2697 c.c. è applicato in base alla posizione sostanziale delle parti e non all’iniziativa processuale: è il creditore procedente, convenuto opposto, che deve dimostrare i fatti costitutivi del diritto ed è il debitore esecutato, attore opponente, a dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto del creditore: Luiso, op. cit., p. 265 s.

[84] Del resto anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere della prova grava pur sempre, secondo le regole sostanziali (art. 2697, comma 1, c.c.), a carico del “convenuto” opposto; e si pensi anche alle azioni di accertamento negativo con cui, per esempio, un soggetto agisce in giudizio chiedendo che sia accertata l’allegata inesistenza di un dato debito nei confronti del convenuto (in ipotesi stragiudizialmente intimante) il quale risulterà onerato, ex art. 2697, comma 1, c.c., di dimostrare l’esistenza del suo diritto.

[85] Che si applica anche all’azione pauliana, nella quale il creditore deve somministrare la prova delle proprie ragioni (art. 2697, comma 1, c.c.): a) l’esistenza del credito; b) l’atto dispositivo; c) il danno; d) l’intento fraudolento del debitore. Sul tema si rinvia a Roselli, op. cit., p. 207.

[86] L’opposizione all’esecuzione a norma dell’art. 615 c.p.c. si configura come accertamento negativo della pretesa esecutiva del creditore procedente che va condotto sulla base dei motivi di opposizione proposti (e che non possono essere modificati dall’opponente nel corso del giudizio); l’esistenza del titolo esecutivo con i requisiti prescritti dall’art. 474 c.p.c. costituisce presupposto indefettibile per dichiarare il diritto a procedere all’esecuzione. Ne consegue che il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere (con accertamento che esaurisce la sua efficacia nel processo esecutivo in quanto funzionale all’emissione di un atto esecutivo e non alla risoluzione di una controversia nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione) di verificare l’idoneità del titolo e di controllare la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, mentre in sede di opposizione l’accertamento dell’idoneità del titolo ha natura preliminare per la decisione dei motivi proposti anche se questi non investano direttamente tale questione: Cass., sez. lav., 28 luglio 2011, n. 16610. Il potere di cognizione del giudice dell’opposizione all’esecuzione è limitato all’accertamento della portata esecutiva del titolo posto a fondamento dell’esecuzione stessa, mentre le eventuali ragioni di merito incidenti sulla formazione del titolo devono essere fatte valere unicamente tramite l’impugnazione della sentenza che costituisce il titolo medesimo: Cass., sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24752.

[87] Più che di conoscenza dovrebbe parlarsi di “consapevolezza” nel debitore della idoneità del proprio atto ad incidere negativamente sull’oggetto della garanzia patrimoniale rispetto al dato creditore. La norma non è applicabile nel caso in cui sia riscontrabile nel debitore solo una «agevole conoscibilità» del pregiudizio (come invece accade in sede revocatoria almeno sin da Cass., sez. III, 1 giugno 2000, n. 7262) in quanto affermazione che (richiamando una violazione di non meglio precisati doveri di diligenza) aprirebbe pericolosamente all’idea dell’art. 2929-bis c.c. come sanzione di un illecito civile. Invero l’interesse del creditore alla conservazione della garanzia generica non assurge a diritto soggettivo (cui dovrebbe corrispondere, nel debitore, un obbligo a mantenere nel proprio patrimonio beni sufficienti ad assicurare che, in caso di inadempimento, il creditore possa ottenere coattivamente l’equivalente pecuniario della prestazione) ma implica una posizione di semplice “interesse legittimo”. Pertanto non basta la colpa nel debitore ma è necessario che ricorra il “dolo”, pur se generico (quale consapevolezza o previsione del pregiudizio: rileva quindi la mala fede intesa non come “intenzione, di ingannare o di danneggiare, che qualifica una attività”, ma come “stato di coscienza di una situazione antigiuridica”). Certo, la differenza con la semplice conoscibilità sfuma se si considera che la conoscenza effettiva può essere provata anche in via presuntiva considerando il grado di prevedibilità del risultato dell’atto nelle concrete circostanze in cui è stato compiuto. Ma è necessario verificare come venga scritta la motivazione della sentenza: il giudice (che deve sempre ricercare l’effettiva conoscenza) opera correttamente se scrive che, data la situazione, non è possibile ritenere che il debitore non fosse stato consapevole del pregiudizio; la sentenza risulta invece censurabile qualora affermi che, siccome il pregiudizio era prevedibile, il debitore ha errato nel non prevederlo.

[88] Nella norma non esiste una “presunzione di frode” (art. 2727, c.c.) anche in quanto il comma 3 richiede all’opponente la sola “contestazione” della mancata conoscenza effettiva del pregiudizio (si ha quindi mero onere di negare i fatti costitutivi dell’altrui diritto, specificamente ex art. 115, comma 1, c.p.c.).

[89] Questo è l’unico presupposto soggettivo richiesto dall’art. 2929-bis c.c.: difatti, essendosi in presenza di “atti a titolo gratuito”, non è richiesto «l’ulteriore requisito della partecipatio fraudis del terzo» il quale «certat de lucro captando e pertanto è sempre postergato alla tutela degli interessi del creditore qui certat de damno vitando» (De Cristofaro, op. cit., p. 442).

[90] Non si condivide l’assunto per cui la scientia damni nel debitore è «praticamente in re ipsa» (così Tedoldi, op. cit., passim): è infatti ben possibile che il requisito della liquidità del credito sopraggiunga al compimento dell’atto di disposizione che si assume lesivo, concretizzandosi il primo entro l’anno dalla trascrizione del secondo.

[91] Al pari dei creditori che hanno titolo per soddisfarsi esecutivamente sui beni costituiti in patrimonio separato.

[92] Sotto il profilo della legittimazione la norma richiede il titolo esecutivo a tutti coloro che la sfruttano, ad ogni possibile livello (perché l’art. 2929-bis c.c. prevede un intervento “speciale” rispetto a quello generale consegnato dall’art. 499 c.p.c.).

Parte della dottrina, invece, applica de plano l’art. 499 c.p.c. ai creditori (anteriori) del disponente che intervengono (anche senza titolo esecutivo) nell’esecuzione promossa da uno di essi contro il terzo proprietario: Tedoldi, op. cit., p. 159; Ballerini, op. cit., p. 275 e De Cristofaro, op. cit., p. 450 nt. 47.

[93] Oltre che nell’esecuzione iniziata da uno di essi verso il medesimo debitore (disponente).

[94] Qui, solo per inciso, si segnala che le modifiche apportate in corsa dal legislatore al comma 2, prima parte, dell’art. 2929-bis c.c. non interessano il fenomeno dell’intervento né del concorso tra creditori, limitandosi a ribadire la regola, già operativa in sede di espropriazione forzata, per cui il creditore che inizia l’esproprio contro il terzo proprietario viene soddisfatto prima del creditore dell’acquirente.

[95] V. Petrelli, op. cit., p. 5.

[96] Un a., discorrendo di una non meglio precisata “particolarità inedita” della fattispecie in esame, ipotizza (sebbene sulla dichiarata scorta di “impressioni a caldo”) una inammissibile commistione di eterogenee posizioni tra loro reciprocamente inconciliabili: Capponi, op. cit., passim (per il quale «si potrà assistere ad un concorso tra creditori del disponente e del beneficiario. Il bene potrà essere aggredito dagli uni come dagli altri, e in entrambi i casi potranno spiegare intervento nell’espropriazione tanto i creditori del disponente quanto quelli del beneficiario»).

[97] Cfr. Luiso, relazione svolta nel corso del convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano, presso l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia in data 11 novembre 2016, e intitolato “L’art 2929 bis, c.c. nel diritto civile e nel diritto commerciale”.

[98] Non l’art. 2902, comma 2, c.c. (in base al quale il terzo, parimenti al suo creditore, può concorrere sul ricavato della vendita solo dopo che il creditore revocante è stato soddisfatto): infatti tale norma, che postergherebbe sempre e comunque i creditori del donatario, trova la sua giustificazione nello specifico fatto che la “inefficacia” dell’atto di disposizione deriva da una sentenza (passata in giudicato). Né si può richiamare l’art. 2652, comma 1, n. 5), c.c. se il creditore del donatario pignora per primo (perché la norma tutela gli acquisti onerosi).

[99] Nel senso che se il creditore pignorante del donatario trascrive il vincolo (al pari dell’acquirente previsto dall’art. 2915, comma 2, c.c.) prima del pignoramento del creditore del donante, il primo (insieme agli intervenienti appartenenti al medesimo lato) è preferito a quest’ultimo.

[100] Questa parrebbe la ricostruzione di parte della dottrina processual-civilistica che discorre di “azione […] ad effetti modificativi del regime giuridico del negozio impugnato”: Tedoldi, op. cit., p. 155.

[101] Cfr. Astuni, Appunti sull’azione esecutiva speciale ex art. 2929 bis, c.c., in www.lodd.it, 2016, II, p. 67 nonché v. Bove, Profili, op. cit., p. 162.

[102] V. Franco, op. cit., p. 61 nt. 55. Per l’a. dalla «eccezionalità della disposizione» e «dalla sua formulazione letterale (…) emerge che tra i presupposti per l’azione si individua espressamente il pregiudizio alle ragioni creditorie arrecato “da un atto del debitore”, non anche da un suo avente causa, a qualsiasi titolo». In altri termini: il fatto che il pregiudizio derivi al creditore da “un atto del debitore” è stato ritenuto uno dei presupposti per l’azionabilità del pignoramento.

[103] In questo caso l’unica azione esperibile, nel ricorso dei relativi presupposti, resta, «nei confronti dell’avente causa dall’avente causa dal proprio debitore», la revocatoria: cfr. Bove, Riforme sparse in materia di esecuzione forzata tra il d.l. n. 83/2015 e la legge di conversione n. 132/2015, in Riv. esecuz. forz., I, 2016, p. 15.

[104] Si veda la modifica apportata, in sede di conversione del d.l. n. 59 del 2016, dalla l. n. 119 del 30 giugno 2016.

[105] Per l’analisi dell’incidenza della nuova disposizione di legge sul protocollo notarile, si rinvia a Crotti, Il novellato art. 2929 bis, l’art. 2447 bis, c.c. e il protocollo notarile, in Vita not., III, 2016, p. 1444 ss.

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